giovedì 25 novembre 2010

NEURONI SPECCHIO


Tipologia di neuroni la cui esistenza è stata rilevata per la prima volta verso la metà degli anni '90 da Giacomo Rizzolatti e colleghi presso il dipartimento di neuroscienze dell'Università di Parma. Utilizzando come soggetti sperimentali dei macachi, questi ricercatori osservarono che alcuni gruppi di neuroni si attivavano non solo quando gli animali erano intenti a determinate azioni, ma anche quando guardavano qualcun altro compiere le stesse azioni.
Studi successivi, effettuati con tecniche non invasive, hanno dimostrato l'esistenza di sistemi simili anche negli uomini. Sembrerebbe che essi interessino diverse aree cerebrali, comprese quelle del linguaggio.
I neuroni specchio permettono di spiegare fisiologicamente la nostra capacità di porci in relazione con gli altri. Quando osserviamo un nostro simile compiere una certa azione si attivano, nel nostro cervello, gli stessi neuroni che entrano in gioco quando siamo noi a compiere quella stessa azione. Per questo possiamo comprendere con facilità le azioni degli altri: nel nostro cervello si accendono circuiti nervosi che richiamano analoghe azioni compiute da noi in passato.
Quest'ultima precisazione è molto importante. Infatti sembrerebbe che il "sistema specchio" entri in azione soltanto quando il soggetto osserva un comportamento che egli stesso ha posto in atto in precedenza. Ad esempio, si è visto che in un danzatore classico i neuroni specchio si attivano esclusivamente di fronte a una esibizione di danza classica, e non di fronte al ballo moderno, e viceversa.
Anche il riconoscimento delle emozioni sembra poggiare su un insieme di circuiti neurali che, per quanto differenti, condividono quella proprietà "specchio" già rilevata nel caso della comprensione delle azioni. E' stato possibile studiare sperimentalmente alcune emozioni primarie: i risultati mostrano che quando osserviamo negli altri una manifestazione di dolore o di disgusto si attiva il medesimo substrato neuronale collegato alla percezione in prima persona dello stesso tipo di emozione. Un'altra conferma viene da studi clinici su pazienti affetti da patologie neurologiche: una volta perduta la capacità di provare un'emozione non si è più in grado di riconoscerla quando viene espressa da altri.
Vi sono infine alcune evidenze sperimentali che sembrano indicare che anche la comprensione del linguaggio faccia riferimento, almeno per certi aspetti, a meccanismi di "risonanza" che coinvolgono il sistema motorio. Comprendere una frase che esprime un'azione provoca probabilmente un'attivazione degli stessi circuiti motori chiamati in causa durante l'effettiva esecuzione di quell'azione.
La scoperta dei neuroni specchio potrebbe offrire una spiegazione biologica per almeno alcune forme di autismo, come, ad esempio, la sindrome di Asperger: in effetti, gli esperimenti in tal senso finora condotti sembrerebbero indicare un ridotto funzionamento di questo tipo di neuroni nei bambini autistici. Benché per ora si tratti soltanto di un'ipotesi, essa potrebbe aiutare a comprendere perché le persone autistiche non partecipano alla vita degli altri, non riescono ad entrare in sintonia con il mondo che li circonda, non capiscono il significato dei gesti e delle azioni altrui. Probabilmente non comprendono neppure le più comuni emozioni espresse dal volto e dagli atteggiamenti di coloro che li circondano: quello che per tutti è un sorriso, per loro potrebbe essere una semplice smorfia.
L'esistenza dei neuroni specchio prospetta la necessità di una profonda modifica nelle attuali concezioni riguardanti il modo di operare della nostra mente. Sicuramente tale scoperta implica un drastico ridimensionamento del modello di mente prospettato dalla psicologia cognitivista (vedi cognitivismo), basato sull'analogia funzionale con i calcolatori. Questo tipo di approccio concentra i propri sforzi soprattutto nel definire le regole formali che sarebbero alla base del funzionamento della mente, ignorando completamente il ruolo dell'esperienza corporea legata al comportamento motorio. I neuroni specchio implicano infatti l'esistenza di un meccanismo che consente di comprendere immediatamente il significato delle azioni altrui e persino delle intenzioni ad esse sottese senza porre in atto alcun tipo di ragionamento.
Le ricerche sui neuroni specchio sono ancora agli inizi, ma è probabile - come osserva il neuroscienziato Vilayanur Ramachandran - che si tratti di una delle più importanti scoperte degli ultimi decenni, destinata ad avere profonde ripercussioni nel nostro modo di concepire la mente.

BRANI ANTOLOGICI
I neuroni specchio e la "comprensione" dell'azione
«La pianificazione di un'azione richiede la previsione delle conseguenze. Ciò significa che quando stiamo per eseguire una data azione, siamo altresì in grado di prevederne le conseguenze. Questo tipo di predizione è il risultato dell'attività del modello di azione. Se fosse possibile stabilire un processo di equivalenza motoria tra ciò che è agito e ciò che viene percepito, grazie all'attivazione dello stesso substrato neuronale in entrambe le situazioni, una forma diretta di comprensione dell'azione altrui si renderebbe possibile. La ricerca neuroscientifica ci dice che le cose stanno proprio così. Il nostro cervello è infatti dotato di neuroni - i neuroni specchio - localizzati nella corteccia premotoria e parietale posteriore, che si attivano sia quando compiamo un'azione sia quando la vediamo eseguire da altri. Sia le predizioni che riguardano le nostre azioni, sia quelle che riguardano le azioni altrui, possono quindi essere caratterizzate come processi di modellizzazione fondati sulla simulazione. La stessa logica che presiede alla modellizzazione delle nostre azioni presiede anche quella delle azioni altrui. Percepire un'azione - e comprenderne il significato - equivale a simularla internamente. Ciò consente all'osservatore di utilizzare le proprie risorse per penetrare il mondo dell'altro mediante un processo di modellizzazione che ha i connotati di un meccanismo non conscio, automatico e pre-linguistico di simulazione motoria»
 
[da Vittorio Gallese, "Corpo vivo, simulazione incarnata e intersoggettività", in M. Cappuccio (a cura di), Neurofenomenologia. Le scienze della mente e la sfida dell'esperienza cosciente, Mondadori, Milano, 2006, pag. 304-305]




I neuroni specchio: imitazione, comprensione, condivisione

«Il sistema dei neuroni specchio appare così decisivo per l'insorgere di quel terreno d'esperienza comune che è all'origine della nostra capacità di agire come soggetti non soltanto individuali ma anche e soprattutto sociali. Forme più o meno complicate di imitazione, di apprendimento, di comunicazione gestuale e addirittura verbale trovano, infatti, un riscontro puntulae nell'attivazione di specifici circuiti specchio. Non solo: la nostra stessa possibilità di cogliere le reazioni emotive degli altri è correlata a un determinato insieme di aree caratterizzate da proprietà specchio. Al pari delle azioni, anche le emozioni risultano immediatamente condivise: la percezione del dolore o del disgusto altrui attivano le stesse aree della corteccia cerebrale che sono coinvolte quando siamo noi a provare dolore o disgusto».
[da Giacomo Rizzolatti - Corrado Sinigaglia, So quel che fai. Il cervello che agisce e i neuroni specchio, Raffaello Cortina, Milano, 2006, pag. 4]

giovedì 18 novembre 2010

Papà non piangere


Papà non piangere.
Non credere che non voglia rispondere. Lo sai come sono fatto. Mi interessa tutto e tante volte mi perdo nei miei pensieri.
Si, papà. Ho i miei pensieri. Magari sono diversi da quelli che puoi credere io possa fare ma ho tante cose che mi frullano nella mia testolina. Forse anche troppe.
Prima di tutto ti vorrei dire che ti voglio tanto bene e tu lo sai. E' inutile che tu faccia il "grand'uomo", il "duro" perché vedo come riesco a metterti con le spalle al muro solo con un mio sorriso, un mio avvicinare il mio viso al tuo, un mio abbraccio.

martedì 2 novembre 2010

Scuole paritarie, i conti non tornano

Scuole paritarie, i conti non tornano

martedì 2 novembre 2010
 
Lasciamo perdere la libertà di educazione, la Costituzione, il diritto dei genitori a scegliere l’educazione per i propri figli, la sussidiarietà, tutti gli altri paesi europei e in generale occidentali che vanno fieri di un sistema che riconosce la parità scolastica.
Dimentichiamoci la storia che ci dice che le scuole nate dagli ordini religiosi o da laici sono sorte per rispondere a un bisogno reale, lasciamo stare i sondaggi che dicono che ci sono tanti genitori che vorrebbero mandare i propri figli alle scuole paritarie ma non possono, non parliamo del fatto che pressoché quasi tutti i partiti a parole vogliono la parità scolastica e si intende che questa sia non solo giuridica ma anche economica. Lasciamo perdere tutte queste parole e pensieri.
Non ci interessa, come la definirebbe qualcuno, la filosofia. In momenti difficili per la situazione economica generale e con un debito pubblico gigantesco, l’unica bussola deve essere pratica e quindi economica. Bene e allora voglio essere pragmatico e dimostrare, numeri alla mano, che tagliare alle scuole paritarie è svantaggioso per lo Stato e che la parità scolastica farebbe risparmiare miliardi di euro allo Stato.
Il realismo è un esercizio che in politica fa molto bene, e il realismo inizia analizzando i dati, perché il metodo di ricerca è opportuno sia imposto dall’oggetto. L’oggetto in questione è il costo dell’educazione. I numeri che elencherò provengono dal Bilancio previsionale dello Stato italiano per il 2011, dal Ministero della pubblica istruzione, dagli Uffici Regionali scolastici e dalla Corte dei Conti.

Lo Stato italiano per la voce istruzione scolastica nel 2011 spenderà 42 miliardi di euro
per il contributo alle “istituzioni scolastiche non statali” la previsione di spesa per il 2011 è di 281milioni di euro, con un taglio rispetto al 2010 del 47%.
Un bambino che frequenta una scuola statale costa in media all’anno:
5361 euro se frequenta la scuola dell’infanzia,
5570 euro all’anno se frequenta la scuola primaria,
5857 euro alla secondaria di primo grado e 
5556 euro alla secondaria di secondo grado.

Se lo stesso bambino frequenta la scuola non statale grazie ai contributi il costo per la collettività è di: 
584 euro per l’infanzia,
866 euro per la primaria,
106 per la secondaria di primo grado e 
51 euro per quella di secondo grado.

Questi numeri, si capisce, non tengono conto del taglio previsto per il 2011 che se fosse confermato dimezzerebbe i numeri appena citati per le scuole non statali.
Il risparmio a bambino per anno è di facile calcolo.
Per la scuola dell’infanzia per ogni bambino che frequenta una scuola paritaria lo stato risparmia 4777 euro, che diventano 4704 per la scuola primaria, 5751 euro per la secondaria di primo grado e 5505 per quella di secondo grado. Siccome sappiamo quanti sono i bambini che frequentano le scuole non statali possiamo anche arrivare a definire il risparmio complessivo, che è pari 4 miliardi e mezzo di euro.
Qualcuno, pragmatico più dei numeri che ho dato, potrebbe obiettare che sono medie statistiche e quindi non reali. Insomma molte spese che lo stato già effettua per l’istruzione sono fisse e quindi all’aumentare dei fruitori non aumenta di conseguenza anche la spesa.
Se, per assurdo, domani tutte le scuole non statali chiudessero, lo stato italiano “risparmierebbe” i 281 milioni di euro dei contributi alle paritarie e dovrebbe anche trovare aule, insegnanti, banchi, lavagne, materiale, pulmini, palestre, mense per 

1 milione di alunni che attualmente studiano in 
12.500 scuole con 
44.000 classi.

Lo Stato italiano ce la farebbe a fare tutto questo con il cosiddetto risparmio di 281 milioni di euro o se volete anche con quanto ha dato nel 2010 ovvero 536 milioni di euro? Forse con questi soldi ce la farebbe a pagare un paio di nuove scuole da costruire, ma nemmeno troppo grandi.

Abbiamo fatto, fino a ora, il conto valutando solo i contributi pubblici, ma come sappiamo le scuole paritarie chiedono una retta mensile. Ebbene da un’indagine delle organizzazioni delle scuole cattoliche è emerso recentemente che 
sommando la retta mensile e il contributo statale in media si arriva alla metà del costo sostenuto dallo stato per chi frequenta le scuole pubbliche.

Per il momento poi abbiamo ragionato, numeri alla mano, partendo dal presupposto che rispetto alla situazione data ci sia un ridimensionamento dei contributi alle paritarie. Se a cambiare fossero invece i contributi e le forme di contribuzione, verso una reale parità scolastica, lo Stato si troverebbe una riduzione della domanda di istruzione statale e una riduzione dei costi.

Dopo ogni indagine è necessario saper emettere un giudizio a proposito dei risultati. Se il criterio di giudizio è dato da propri convincimenti anche questi numeri verranno manipolati, se si è seri con questi numeri si dovrà riconoscere che 

la parità scolastica è pragmaticamente conveniente anche all’economia di uno stato.

Tutto questo non tenendo conto di tutto quanto accennato in premessa.
 

martedì 17 agosto 2010

SOFTWARE PER LIM

DA: documenti.irresicilia.it

Smoothboard

immagine tratta dal sito smoothboard.net
Un software che rende interattiva qualsiasi superficie con l'uso del wiimote, il telecomando che fa parte del kit per la consolle Wii.

GOconference


Dalla Germania il software free "Go-conference", per riprodurre le funzionalità della lavagna digitale.

Pointofix

Immagine tratta dal sito pointofix.de
Software freeware per lavagne interattive. Liberamente scaricabile anche nella versione in lingua italiana.

Smart

Logo SMART
Compatibile con sistema operativo Windows, Mac e Linux, il software SMART Notebook è ad oggi utilizzato da più di 20 milioni di studenti in tutto il mondo.

InterWrite Workspace

Logo InterWrite
E' il software impiegato dalle scuole partecipanti all'iniziativa InnovaScuola, eseguibile in tre modalità operative: Interattiva, Ufficio e Lavagna.

Promethean

Logo Promethean
Link alla famiglia di applicativi Promethean per l'insegnamento: ActivInspire, ActivStudio, ActivPrimary, per studenti di tutte le età.

Open Whiteboard

Logo Sourceforge.com
Applicativo open source per lavagne interattive, sviluppato dalla comunità sourceforge e distribuito con licenza AFL - Academic Free License.

KindleLab

Immagine stilizzata
Software free sviluppato da Kindlelab e eToys, utilizzabile con diversi tipi di lavagne interattive

MIMIO


Software a corredo della LIM portatile MIMIO


Cefriel Manuale comparativo software

Sezione del Logo Ufficio Scolastico Regionale Lombardia
Da Scuola Digitale Lombardia, a cura di Cinzia Vicentini, Mario Gabbari, Giuseppe Botrugno, una guida comparativa ai software Smart, InterWrite e Promethean, e ai rispettivi comandi di utilizzo della lavagna.

giovedì 24 giugno 2010

Video Tutorials : Google SketchUp Level 1 and 2 DVDRip

Video Tutorials : Google SketchUp Level 1 and 2 DVDRip
    Author: temuzin88   |   Today, 10:50   |   comments:
Google SketchUp Level 1 and 2 DVDRip
Google SketchUp Level 1 and 2 DVDRip | 663 Mb

Description: Google SketchUp Level 1 - Learning from the movement of objects, finally, a home. Google SketchUp Level 2 - From the creation of complex structures, groups of objects to the animation and rendering.

Language: English
Video Codec: XviD
Video: 720 * 480, NTSC 4 / 3, 29,97 fps, 267kbps
Audio: MPEG Layer-3, 2-ch. stereo, 44,1 kHz, 128kbps

Google SketchUp Level 1

Google SketchUp Level 1 and 2 DVDRip

This video lessons was designed to teach all skill levels the fundmental skills and techniques to modeling efficiently and effectively in Google SketchUp. If you are just getting started using the program, you'll appreciate that we start from scratch and build your knowledge from the ground up. And to those that have been using the program for years - we guarantee that you learn something new to add to your repertoire.
This video contains 26 chapters and over 2 hours of instruction. We begin by teaching you to draw in 2 dimensional space before moving on to create 3 dimensional objects. Finally, we finish by showing you how to build an entire house.

Google SketchUp Level 2

Google SketchUp Level 1 and 2
 DVDRip

From Groups and Components, to Photomatch and Animations - this DVD focuses on more advanced SketchUp topics. We take the tools and commands that you're familiar with and teach you how to use several of those functions together to create time-saving SketchUp workflows. We recommend that you watch our Level 1 training DVD first to establish a solid base of 3D modeling fundamentals, then watch this DVD to learn more advanced workflows.
This DVD contains 6 different lessons with nearly three hours of total instruction. We begin by creating more complex buildings and teaching you how to work effectively with groups and components. Then we demonstrate how to draw complex objects using the Follow-me tool. Finally, we cover advanced topics such as Photomatch and creating Animations.

Password Unrar: neit84

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giovedì 3 giugno 2010

I bambini indaco



I bambini indaco sono quelli nati dagli anni ‘80.
Si ritiene che siano iniziati a nascere dal 1984 ma alcuni non concordano, anzi, già dal ‘79 sono nati i primi bambini indaco. Chi sono questi bambini indaco?
Sono una nuova razza di bambini ma attenzione! Non tutti i bambini nati negli anni ‘80 sono indaco!
I bambini indaco si riconoscono innanzitutto dall’aura
(il colore della nostra vibrazione, la si può vedere mettendo la mano su uno sfondo bianco e sfuocando un po’ gli occhi)
che è appunto indaco, anche se spesso il colore dell’aura può cambiare per vari fattori.
Oltre all’aura questi bambini hanno un comportamento particolare. Il bambino indaco ha delle caratteristiche eteriche peculiari.
In altre parole i bambini indaco hanno nell’eterico una connessione karmica con razze extraterrestri fin dalla nascita e sono molto legati al loro Sé superiore.
Questi bambini hanno ad esempio attaccamenti eterici con persone (eteriche) presenti su un dato piano a sua volta eterico. A volte questi attaccamenti sono così forti che gli indaco pensano di essere davvero degli extraterrestri.
L’aura di questi bambini, ormai adulti, è indaco perché gli occidentali sono connessi etericamente ai siriani la cui aura è blu, mentre gli orientali sono collegati etericamente ai Pleiadiani la cui aura è violetto.
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Ecco come li descrivono Lee Carroll e Jan Tober nel loro libro "The Indigo Children".

"...Un Bambino Indaco è una  creatura che possiede attributi psicologici insoliti e particolari e che ha un modello comportamentale diverso da quelli a cui siamo abituati.  Di conseguenza, molto spesso i genitori di questi bambini si trovano spiazzati ed impreparati nel difficile compito di educare i loro figli. Ignorare questi nuovi modelli significa creare squilibrio e frustrazione nella mente di questi preziosi bambini.


- Vengono al mondo con un senso di regalità (e spesso agiscono con regalità)

    - Pensano di "meritarsi di essere qui" e sono sorpresi quando gli altri non condividono questo loro punto di vista.
    - Non hanno problemi di autostima. Spesso essi dicono ai loro genitori "chi sono".
    - Hanno difficoltà ad accettare  l'autorità (soprattutto quando è imposta ed immotivata).
    - Si rifiutano di fare alcune cose. Per esempio non amano aspettare in coda.
    - Si sentono frustrati dai metodi  tradizionali che non richiedano l'impiego della loro creatività.
    - Spesso, sia a casa sia a scuola, trovano la soluzione più logica per fare le cose, il chè può farli apparire anticonformisti e ribelli.
    - Sembrano asociali a meno che non si trovino con i loro. simili.  Se non ci sono bambini con la loro stessa consapevolezza, si sentono incompresi e  tendono a chiudersi in se stessi. L'ambiente scolastico  è spesso estremamente difficile per loro.
    - Non rispondono a discipline basate sul senso di colpa.
    - Non si sentono in imbarazzo a parlare delle loro necessità..... "    


bambini-indaco-foto-2_zoom.jpgE' importante rendersi conto che questi  bambini possiedono un' estrema sensibilità, sono molto intuitivi e sono in grado di sentire che cosa c'è nella nostra mente e nel nostro cuore.








Vengono sul Pianeta Terra per aiutare l'umanità a progredire verso il bene supremo, per farci capire che non esistono diversità o differenze e che tutti noi facciamo parte del grande IO SONO.
Per far ciò, richiedono da tutti noi comprensione e tolleranza, amore incondizionato, apertura, integrità morale e sincerità.

La sfida che i genitori devono affrontare è imparare a considerarli bambini "normali" e a trattarli come tali. E' importante saper riconoscere i l loro valore, apprezzare le loro doti, imparare a valorizzarle, ma nello stesso tempo permettere loro di vivere la loro infanzia come qualunque altro bambino. Discriminarli o trattarli come "diversi" può rendere la vita complicata sia per loro sia per i genitori o per gli insegnanti e può avere gravi conseguenze sullo sviluppo armonioso della loro personalità.
All'inizio degli anni ottanta, quando i primi  Indaco incominciarono ad arrivare,  nessuno sospettava che si trattasse di una  nuova generazione di bambini. Essi sembravano avere attributi psicologi ed atteggiamenti  molto  diversi da quelli a cui eravamo abituati. Spesso erano bambini iperattivi, disattenti, ribelli ad ogni forma di disciplina imposta,  e  si pensava che le difficoltà che si incontravano nell'educarli  fossero da imputarsi  alla società, alla mutata struttura familiare, allo sviluppo tecnologico, alla violenza esaltata nei programmi televisivi, all'aumentato benessere, ecc... Negli Stati Uniti questo ha portato  i genitori a richiedere l'aiuto di psicoterapeuti, che sempre più spesso "tenevano tranquilli" questi bambini con psicofarmaci.

Questa tendenza allarmante è andata aumentando nel tempo, in maniera esponenziale,  e sta prendendo piede anche in Europa (è di poche settimane fa un trafiletto apparso su un settimanale a tiratura nazionale che parlava  della facilità con cui  bambini particolarmente irrequieti vengono trattati con psicofarmaci). 

Non si conoscono le conseguenze a lungo termine di questo abuso di "droghe legalizzate" ma la violenza tra i giovani è un fenomeno preoccupante, per cui viene spontaneo chiedersi se  esista una correlazione.
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Le principali sfide che i Bambini Indaco dovranno affrontare sono soprattutto legate alle loro relazioni con gli altri.  Essi hanno bisogno di molta attenzione e considerazione e soffrono se la loro visione della vita, basata essenzialmente sull'amore,  viene fraintesa o, peggio ancora, ridicolizzata. Alcuni di loro possono pertanto avere problemi a relazionarsi con bambini "normali" o con adulti ancorati alle vecchie metodologie.
Può così accadere  che questi bambini, provvisti di una grande immaginazione, di grandi facoltà intellettive, di una forte mentalità tecnologica e di elevate doti morali, ma iperattivi ed incapaci di usare il pensiero lineare a cui siamo abituati, vengano etichettati come affetti da "disordine da deficit di attenzione" e vengano di conseguenza trattati con psicofarmaci per aiutarli a rientrare nella "normalità". Tutto questo  può avere un forte impatto sulla loro personalità, diminuire la fiducia nelle loro capacità e portarli a scollegarsi  dalla loro parte divina.
A questo punto della nostra evoluzione, dobbiamo comprendere l'importanza del ruolo che questi  preziosi bambini, arrivati tra noi con un bagaglio di grande consapevolezza, si sono assunti. Se sapremo riconoscere il loro valore, capirli ed apprezzare  le loro doti intellettuali e morali,  se non instilleremo in loro il senso di colpa e la paura, da cui sono totalmente esenti,  se li aiuteremo a  seguire la loro passione, essi saranno i nostri migliori maestri,  ci insegneranno a guardarci dentro ed a scoprire quelle verità interiori che per troppo tempo non abbiamo saputo o voluto riconoscere.   Apriamo dunque il nostro cuore ed il nostro Spirito ed accettiamo i preziosi doni che queste creature meravigliose, con amore infinito, ci offrono.


Nancy Ann Tappe sostiene che oggi il 90% dei bambini al di sotto dei dieci anni sia indaco e li suddivide in quattro tipologie:

1)l’indaco umanista: è iperattivo, è un avido lettore e non riesce ad essere ordinato. E’ socievole e sta bene in mezzo a molta gente, fa tante cose insieme e si distrae facilmente

2)l’indaco concettuale: è atletico e molto interessato ai progetti più che alle persone. Ha problemi di controllo: i maschi vogliono controllare la madre e le femmine vogliono controllare il padre. Nel caso questo si verifichi è bene intervenire tempestivamente. Questi bambini possono altresì divenire preda di tossicodipendenze durante l’adolescenza, perciò vanno piuttosto guidati e controllati

3)l’indaco artista: è creativo in ogni sua  forma ed ha molti interessi

4)l’indaco interdimensionale: è il più robusto fra gli indaco e non gli si può dire niente perché risponde: “Sì, lo so, lo so fare”.

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Lo scopo della razza indaco è di gettare i semi per la nuova umanità. Come molti di voi già sanno stiamo per entrare nella quarta dimensione e visto come siamo ridotti non avremo molte possibilità di entrarci se non ci evolviamo rapidamente. Così non solo gli angeli e gli spiriti elementali stanno facendo il possibile per riportarci verso Casa ma abbiamo anche queste nuove razze di bambini che con la loro energia ci stanno aiutando. In realtà ci hanno già aiutato molto e il merito è anche nostro perché noi, permettendo loro di adattarsi, abbiamo fatto sì che espandessero la loro energia che ha scongiurato molte disgrazie profetizzate molto tempo fa. Il loro scopo è stato anche quello di aprire le porte ai bambini cristallo. E’ bene però tener sempre presente che un bambino indaco (o cristallo o arcobaleno)  non è necessariamente più evoluto di un bambino “normale”. Ognuno di noi è sempre una parte di Dio e ognuno di noi può scegliere come vivere.


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Il flauto magico


Mozart - magic - flute - queen - of - the - night - aria  Apollo Symphony Orchestra

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ATTO I
Scena I. Il giovane principe Tamino (tenore) è a caccia. Ha l'arco in mano, ma senza frecce e un serpente l'insegue. Chiede ripetutamente aiuto, poi cade svenuto dal terrore. A salvarlo intervengono tre ancelle velate e armate di lance d'argento,che uccidono il drago. Le tre ancelle indugiano ad ammirare la bellezza di Tamino e ciascuna vorrebbe rimanere sola per prendersi cura di lui, ma siccome nessuna cede all'altra, partono tutte e tre.Tamino rinviene e si domanda quale potenza l'ha salvato.
Oltre all'Ouverture, ho registrato di questa prima scena la parte di Tamino, per la sua concitazione drammatica, che rappresenta una concezione certamente originale per un tenore del settecento, di solito impegnato - come dice il Della Corte - in virtuosismi belcantistici o in arie sospirose e galanti. È una delle pagine che hanno suggerito, per «Il Flauto magico», la definizione di opera preromantica. Ho registrato anche la prima parte delle tre ancelle, le quali esultano per la vittoria riportata sul drago. Anche musicalmente è importante prendere subito conoscenza di queste tre voci omogenee, che danno il senso del meraviglioso e del soprannaturale a tutta l'opera, dapprima nel regno della Regina della Notte, come ancelle, poi in quello degli iniziati del Gran Sacerdote Sarastro, come geni, sempre nel numero di tre.
Ascoltiamo l'Ouverture, la parte di Tamino e la prima parte del canto delle ancelle. I tre accordi iniziali dell'Ouverture introducono subito nell'opera il simbolismo esoteríco. Dall'Allegro essa è elaborata in stile contrappuntistico come una fuga. Qualcuno ha interpretato le note ribattute che caratterizzano quest'Allegro come un simbolico lavoro di loggia dei «maglietti».
Scena II. Rinvenuto, Tamino si domanda chi mai può averlo salvato e dove si trova; e poiché avverte l'arrivo di qualcuno, si nasconde dietro un albero. Chi arriva? È Papageno l'uccellatore, il personaggio buffo dell'opera, che va in giro tutto vestito di piume, con una gabbia di uccelli e suonando il flauto di Pan. L'aria che canta, presentandosi con la prosopopea dello scaltro prenditore di uccelli, è popolare, ma nel gusto raffinato della liederistica viennese e gustosamente punteggiata dalle cinque note del flauto di Pan.
Nel parlato che segue, caratteristico del Singspiel tedesco, Papageno fa poi lo smargiasso con Tamino e commette l'imprudenza di attribuirsi il merito di averlo salvato. Ascoltiamo la famosa aria di Papageno «Der Vogelfänger bin ich ja» (Son io l'uccellatore).
Scena III. Ricompaiono le tre ancelle che hanno salvato Tamino e che ora, per ordine della Regina della Notte, vengono a punire Papageno perché ha mentito. Invece dei doni quotidiani di «liquor, fichi e ciambelle», portano un lucchetto dorato per chiudergli la bocca. Deve imparare «a non mentire con gli stranieri», ed anche, secondo una di quelle sentenze moraleggianti di cui il libretto è cosparso, a non usurpare mai l'onore delle azioni meritorie compiute da altri. Le tre ancelle rivelano a Tamino che è per loro se vive, e a salvarlo le mandò l'Astrifiammante alta Regina, la quale vede in lui il liberatore di Pamina, sua figlia, rapita dal Gran Sacerdote Sarastro.
Scena IV. Tamino osserva il ritratto di Pamina, che prima di partire gli hanno lasciato le tre ancelle; è estasiato dalla sua bellezza e canta l'aria «Dies Bildnis ist bezaubernd schön» (O immagine meravigliosa), che è di un lirismo appassionato e alto e comprende tutta la IV scena. L'aria è accompagnata, oltre che dal quintetto d'archi, da 2 clarinetti, 2 fagotti e 2 corni, che intrecciano una trama orchestrale di grande trasparenza.
Segue l'ascolto dell'aria di Tamino.
Scena V. Le tre ancelle dicono a Tamino che la Regina ha udito le sue espressioni di ammirazione per la figlia e che confida nel suo valere affinché venga liberata. Esse gli dicono inoltre che il rapimento fu compiuto da un «empio», che in mille modi cambia forma e aspetto e che, inosservato, seguí Pamina, la sorprese e la rapì.
 

Massoneria e potere
In questa scena V incomincia ad intessersi, sotto il velo della favola, la situazione politico-sociale del tempo. La Regina simboleggia verosimilmente l'imperatrice Maria Teresa d'Austria, che era stata nemica acerrima della Massoneria, benché il marito vi avesse appartenuto e vi si iscrivesse poi anche il figlio. Rimasta vedova, convinta com'era che la setta svolgesse un'azione nefasta, non esitò a perseguitarla e vietarla, mentre il figlio, co-reggente dell'Impero, ne favoriva l'attività segreta, in quanto si armonizzava - dice il Paumgartner - coi suoi ideali liberali e umanitari.
Fino a questo momento, la vicenda della favola è favorevole alla Regina, che appare come la vittima di Sarastro. In quest'ultimo, a sua volta, è individuabile il capo della Loggia piú importante di Vienna, detta della «Vera Concordia», che era l'illustre mineralogista Ignaz Nobile von Born.
Scena VI. Preceduta da lampi e tuoni, appare la Regina della Notte, la quale canta la famosa Aria che viene spesso eseguita nei concerti vocali-strumentali. La Regina ripete a Tamino la storia del rapimento e gli esprime il suo dolore. Se tornerai vincitore - gli dice - Pamina sarà tua per sempre.
Quest'Aria consta di un recitativo d'introduzione, un Larghetto e un Allegro. Il Larghetto, nella tonalità di sol minore, è una pagina stupenda e conferisce al canto della Regina un'espressione umana e toccante, molto appropriata al dolore per il rapimento della figlia. L'Allegro è vocalmente virtuosistico, ma improntato a quell'eleganza e a quella luminosa invenzione che caratterizzano tutta l'opera di Mozart.
Segue l'ascolto della notissima aria della Regina della Notte e,
Scena VII, del breve duetto fra Tamino e Papageno il cui comico mugolio è dovuto al lucchetto che gli chiude la bocca.
Scena VIII. Tornano le tre ancelle, le quali perdonano Papageno e gli tolgono il lucchetto, non senza ammonirlo che non dovrà piú mentire. Il libretto annovera qui un'altra sentenza moraleggiante e dice: «Se tutti i mentitori ricevessero un tal lucchetto sulle labbra, l'amor fraterno regnerebbe sull'odio e sul livore». Le tre ancelle consegnano poi a Tamino il dono della Dea stellifera, la Regina della Notte, e cioè un flauto d'oro, il cui suono lo sosterrà «nell'alte imprese», un flauto insomma dal magico potere. E ordinano a Papageno di seguire Tamino, con conseguente comica protesta di Papageno, il quale pensa che Sarastro lo metterà arrosto per il suo pranzo.
La vicenda dell'opera è dominata dall'esoterico numero «tre»: tre sono gli accordi che introducono all'Ouverture e che si ripeteranno nel corso dell'opera; tre sono, le ancelle, ed ora sono le stesse ancelle che informano Tamino e Papageno che nel regno di Sarastro il cammino sarà loro indicato da tre Geni. Anche Papagerio, per questo víaggio, avrà il suo talismano: uno strumentino di campanelli, il cui suono promuove allegria, cioè un glockenspiel.
Scena IX. Nella scena che segue siamo già in territorio nemico. C'è un andirivieni di schiavi che portano dei sofà e uno di essi dice che Monostato, il loro capo, colui che ha l'incarico di tener prigioniera Pamina, e che nella realizzazione scenica viene presentato come un negro, dovrebbe essere impiccato, impalato, perché vorrebbe «assaggiare il boccone prima del padrone».
Scena X. Pamina è condotta dagli schiavi davanti a Monostato e si ribella alla sua volontà di possederla. Monostato minaccia di metterla alla catena, ma inaspettatamente, da una finestra, entra Papageno (Scena XI), il quale, come s'è detto, rappresenta nella favola l'elemento comico che si alterna a quello serio. Papageno non sa dove si trova, si guarda attorno e vede per prima Pamina, della cui bellezza rimane colpito. Quando però si vedono, Papageno e Monostato si osservano, hanno paura l'uno dell'altro, e fuggono in opposte direzioni.
Si ascolta il breve duetto fra Monostato e Pamina, l'entrata di Papageno e il brevissimo, umoristico duettino tra Monostato e Papageno.
Scena XII. Pamina, rimasta sola, invoca la madre e si chiede se finiranno i suoi affanni.
Scena XIII. Papageno ritorna dove è prigioniera Pamina, la quale, sentendolo pronunciare il nome della Regina della Notte, vuol sapere chi è. Papageno si pavoneggia e le dice di essere un messo dell'Astrifiammante, venuto col principe Tamino per liberarla. Fra i due personaggi ha luogo un lungo dialogo parlato ed una mimica, da parte di Papageno, che richiede l'arte non facile di rendere l'elemento comico. Pamina è ansiosa di vedere Tamino, cioè il principe che per amor suo sfida il pericolo.
Segue l'ascolto del duetto, in cui' sia Pamina che Papageno esprimono, attraverso il tempo ondeggiante del sei ottavi, tutta la dolcezza del sentimento d'amore, Pamina per Tamino e Papageno per una Papagena che non ha ancora trovato.
 

Sviluppo della simbologia e degli ideali massonici
Scena XIV. In questa scena riprende, e si sviluppa la simbologia massonica. Essa raffigura infatti tre templi, quello della Sapienza, quello della Ragione e quello della Natura, che corrispondono agli ideali illumínistici del tempo, che la Massoneria condivideva e propagava nella sue Logge. Siamo nel regno del Gran Sacerdote Sarastro, che è il capo degli iniziati, e i tre Geni, di cui abbiamo parlato, guidano Tamino. Da questo momento ha luogo la svolta della vicenda: Tamino è dapprima convinto dell'offesa subita dalla Regina della Notte, tanto che parte con l'animo di chi deve affrontare in Sarastro un nemico, ma a poco a poco viene conquistato dal mondo segreto degli iniziati. Intanto i tre Geni lo istruiscono e gli rammentano che la sua impresa potrà riuscire solo se avrà indomita Costanza, Fede e Silenzio. Quando però Tamino bussa alle porte dei templí laterali, voci ammonitrici lo invitano a tornare indietro.
Solo dalla porta centrale esce un vecchio sacerdote, il quale gli dice che nessuna porta del tempio può aprirsi per lui, perché non ha compreso il senso dell'insegnamento dei tre Geni ed è ancora animato da spirito di vendetta, anziché di amore e virtú. Dal dialogo fra Tamino e il vecchio Sacerdote emerge un contrasto di idee sulla figura di Sarastro, che può benissimo essere interpretato come quello che doveva esistere, al tempo di Mozart e Schikaneder, fra l'ambiente di Corte e della Chiesa da una parte, rappresentati ancora dalla coscienza di Tamino, e la Massoneria progressista e umanitaria dall'altra, rappresentata dal vecchio Sacerdote, il quale dice a Tamino che Sarastro non è un mostro, un tiranno, come egli crede, ma un benefattore illuminato e saggio. Tamino chiede al Sacerdote, il quale è legato all'obbligo del silenzio, che gli indichi almeno dov'è Pamina, se vive, e se «può sperare che cada il velo del mistero». Il vecchio Sacerdote gli risponde che il velo sarà tolto quando un sentimento di amicizia lo condurrà nella via eterna del santuario. Qui il gioco si fa estremamente sottile fra la favola, che ci fa pensare a una Pamina in carne ed ossa, effettivamente rapita alla madre, ed una Pamina simbolo della Massoneria stessa, di cui il libretto di Schikaneder fa inequivocabilmente l'apologia.
Le parole del vecchio Sacerdote contengono in sostanza questa equazione: «Tu potrai raggiungere Pamina quando sarai capace di vera amicizia», cioè «Tu potrai ottenere la iniziazione quando sarai capace di vera amicizia». L'identificazione è sottile, ma a quel tempo agitava un tema di grande attualità, come, del resto, l'identificazione di alcune personalità politiche del tempo coi personaggi della favola. E l'interesse che dopo le prime rappresentazioni cominciò a suscitare l'opera sul pubblico, probabílmente si dovette, oltre che alla musica, alle allusioni del libretto.
Pamina, dunque, è viva. Voci misteriose lo comunicano a Tamino e questa scena si conclude con un'aria che esprime lo smarrimerito di Tamino stesso, il quale suona per la prima volta il flauto datogli dalla Regina della Notte, perché si compia la magia dell'apparizione di Pamina.
Segue l'ascolto di tutta la scena XIV, che comprende la parte dei tre Geni, il bel recitativo accompagnato di Tamino, l'unico di tutta l'opera, il dialogo di Tamino e del vecchio Sacerdote, il suono del flauto e l'aria di Tamino. Si noti il tono di solennità che Mozart conferisce alla parte del vecchio sacerdote.
Scena XV. Alla bell'Aria di Tamino si collega, in questa scena, un grazioso duetto di Papageno e Pamina, i quali cercano a loro volta Tamino con l'ausilio del flauto di Pan di Papageno.
Scena XVI. Monostato sorprende Papageno e Pamina mentre cercano di fuggire e minaccia di farli incatenare. Papagerio suona allora il suo carillon magico e Monostato e gli schiavi rapiti dal suono, si mettono a ballare e cantare.
Segue l'ascolto di questo brano che, accompagnato dal glockenspiel di Papageno, è di una comicità e di un'invenzione musicale veramente squisite.
Papageno e Pamina rimangono soli e in un delicato duetto ìntroducono ancora una sentenza moraleggiante: se ogni buon uomo potesse possedere un carillon simile a questo, i suoi nemici dileguerebbero presto ed egli vivrebbe nella migliore armonia. Solo l'armonia dell'amicizia addolcisce le pene e senza di essa non v'è felicità sulla terra.
Una marcia interna e il coro annunciano l'arrivo del Gran Sacerdote Sarastro, mentre Papageno recita una delle sue solite scene di comica paura. Si domanda che cosa dirà a Sarastro, e Pamina, a conferma dell'intonazione moralistica della favola, gli risponde: dovrai dire il vero, non mente un cuore nobile. Nel testo tedesco gli ripete due volte «die
Wahrheit, die Wahrheit», la verità, la verità. Il libretto è tutto imperniato su questi valori morali e lo stesso Tamino - come osserva il Paumgartner - non è un eroe nel senso eroico, ma nel senso etico del termine.
Si ascolta il breve coro che inneggia a Sarastro, la scena di Papageno e l'intervento di Pamina.
Scena XVII. Entra Sarastro sopra un superbo cocchio. I. sacerdoti che l'accompagnano cantano un inno in lode di Iside. Sarastro dice a Pamina, che gli chiede pietà per aver tentato di fuggire, di non sperare che possa lasciarla libera, perché aggiunge - ciò ti costerebbe la felicità. La vicenda continua a volgere in favore del tempio degli iniziati: l'empio, il mostro sembrava Sarastro, mentre è lui che ora giudica la regina spietata e di cuore altero, è lui che ora vuole la felicità di Pamina, che si realizzerà solo quando uno sposo fedele la guiderà al vero. L'allusione massonica sulla necessità di conoscere e amare la verità, per essere veramente liberi, e di combattere l'ipocrisia e la tirannia del potere, simboleggiate dalla Regina della Notte, è chiara.
Scena XVIII. Il primo atto si conclude col coro dei sacerdoti che inneggiano a Sarastro e mentre Tamino e Pamina vengono condotti nel recinto delle prove del fuoco, dell'acqua, dell'aria e della terra, che sono le prove della purificazione e, secondo il rituale massonico, si benda loro la fronte.

ATTO II
Scena I. Nell'atrio del tempio, Sarastro parla ai sacri ministri e dice che per le mura del tempio stesso erra un giovane principe che vuole squarciare il velo dell'errore che gli hanno trasmesso gli avi e poter contemplare la luce sacra. Si noti anche qui il contrasto a cui ci porta la vicenda: Tamino era partito per liberare Pamina dal feroce Sarastro ed ora, invece, proprio nel regno di Sarastro aspira a purificarsi. La situazione è capovolta e l'apologia dei principi massonici è evidente. Del resto Sarastro definisce il suo tempio come la reggia del vero. L'oratore fa le domande rituali e chiede se Tamino abbia costanza, sia capace di silenzio e di santo fraterno affetto, le qualità che deve possedere un aspirante alla setta degli iniziati. Sarastro se ne fa garante e spiega che rapì la dolce e virtuosa Pamina perché gli dei l'hanno destinata al giovane principe e accusa la regina di voler ingannare il popolo con l'illusione e la superstizione e distruggere il tempio. Ciò non deve accadere - dice Sarastro Tamino deve aiutarci a rafforzarlo.
Dopo i necessari insegnamenti dati a Tamino e Papageno perché possano superare le prove, la scena si conclude con una bella invocazione a Iside ed Osiris di Sarastro e del coro, che dimostra come Mozart abbia voluto conferire ai personaggi del tempio un'espressione di solennità e religiosità. La invocazione di Sarastro, che è un'aria in fa maggiore, si svolge nelle solenni sonorità proprie del registro basso ed punteggiata da interventi del coro.
Scena II e III. Tamino e Papageno stanno per essere ammessi nel tempio. L'oratore e il secondo sacerdote rivolgono ai due iniziandi le domande rituali. Tamino risponde che solo amicizia e amore sono le sue aspirazioni e che accetta di conquistare queste virtú a costo della vita. Papageno, anche in questa occasione, si rivela il semplice che è, dichiarando che non pretende di pervenire alla saggezza, ma che s'accontenta di mangiar, bere e dormire.
Scena IV. Papageno e Tamino rimangono soli e al buio. Papageno ha paura: i tuoni e i fulmini rendono più spaventoso il luogo. Incomincia qui la scena delle prove e dell'iniziazione e continua (scena V) il sottile giuoco fra la favola e il rituale massonico, poiché improvvisamente ricompaiono le tre ancelle della Regina della Notte, che già furono le salvatrici di Tamino. Quando esse lo esortano a uscire da quel luogo di terrore, sembrano preoccuparsi di avvertirlo di un pericolo, ma in effetti compiono il tentativo di farlo mancare ai suoi giuramenti. E annunciano anche la vendetta della Regina, ma Tamino resiste, il che, al tempo di Mozart e Schikaneder aveva un chiaro significato relativo ai rapporti fra la Massoneria e i suoi nemici, e quindi anche sociale e politico. In tutta la scena si avvicendano le minacce delle tre ancelle, le reazioni di Tamino e le paure di Papageno. Alla fine, l'arrivo di Sarastro e dell'Oratore fa sprofondare le tre ancelle (ne segue l'ascolto).
Scena VI. L'Oratore si compiace delle prove sostenute da Tamino e gli dice che dovrà ancora molto soffrire, ma che vincerà. E aggiunge un'altra di quelle sentenze moraleggianti che costituiscono la filosofia del libretto: «Sorride favorevole il Cielo all'alme grandi». La scena si conclude con il rinvenimento di Papageno disteso sul pavimento e quasi morto di paura.
Scena VII. Pamina è addormentata nel giardino. Entra il negro Monostato, che non ha rinunciato al proposito di possederla. Mentre la guarda, canta un'Aria che val la pena ascoltare, perché è di un'eleganza e di una vivacità veramente sorprendenti. Anche lo strumentale è leggerissimo e «frusciante».
Ascolto della Cavatina di Monostato.
Scena VIII. Monostato pensa dunque che quello sia il momento di abbracciare Pamina, ma giunge inaspettatamente la Regina della Notte a guastargli la festa. La Regina, oltre che per salvare la figlia da Monostato, appare nel giardino del tempio per indurre la figlia a uccidere Sarastro e le consegna il pugnale vendicatore. Questa scena si conclude con la famosa «Aria degli angui d'inferno», in cui la Regina esprime i suoi propositi di vendetta contro Sarastro e il suo furore contro la figlia, se non saprà colpirlo. Segue l'ascolto dell'aria «Der Hölle Rache Kocht in meinem Herzen», nota in Italia come Aria degli angui d'inferno, che è un banco di prova delle possibilità vocali dei soprani leggeri. Va notato che dietro l'apparente bravura dei vocalizzi, si celano espressioni drammatiche molto appropriate all'ira della Regina della Notte.
Scena IX. Pamina pensa che non può uccidere Sarastro. Sorpresa da Monostato è da lui ricattata. Che cosa chiede in cambio? Amore. Ma Pamina rifiuta decisamente.
Scena X. A Sarastro Monostato rivela il piano della Regina e della figlia, che è quello di ucciderlo, ma Sarastro si dimostra indifferente e lo congeda. Monostato, comunque, continua a sognare di possedere Pamina e a tal fine decide che è meglio abbandonare Sarastro e passare al servizio della Regina, perché - egli dice - «se il bisogno consiglia, si può servir la madre per la figlia».
Scena XI. Sarastro perdona Pamina e nella bell'aria «Alla Regina ti toglie il Cielo, eppur colà sotterra armi prepara (la Regina) e guerra», egli definisce i principi morali del suo regno, che si ispira alla bontà, all'amore fraterno, alla pietà verso l'errore, che sono anche i principi massonici del tempo.
Segue l'ascolto dell'Aria di Sarastro, che per il suo andamento tranquillo infonde un senso di pace ed è in netto contrasto con l'aria esprimente l'odio e i propositi di vendetta della Regina.
Scena XII. L'oratore e un altro sacerdote lasciano Tamino e Papageno e indicano loro il cammino che devono compiere da soli, iinponendo loro di nuovo il silenzio.
Scena XIII. L'elemento comico di questa scena è dato dalla fatica di Papageno a osservare il silenzio, in contrasto con la serietà di Tamino impegnato a zittirlo. Papageno parla allora con se stesso; rimpiange i suoi boschi e lamenta che quei signori (i sacerdoti) non gli diano nemmeno due gocce di acqua fresca.
Scena XIV. Appare allora una vecchia bruttissima con un grande bicchiere d'acqua in mano per Papageno. Segue un buffo parlato durante il quale la vecchia dice di avere diciotto anni e due minuti e spaventa Papageno quando gli dice che il suo amore è proprio lui.
Scena XV. Ricompaiono i tre Geni, cioè le tre guide, i quali danno per la seconda volta il benvenuto a Tamino e a Papageno, e restituiscono al primo il flauto d'oro e al secondo la cassetta dei campanelli, che furono loro tolti all'entrata nel tempio. Offrono loro anche un pranzo, che rallegra molto Papageno, il quale (Scena XVI) mentre Tamino riprende a suonare il flauto, mangia a quattro palmenti.
Scena XVII. Pamina ha udito il suono del flauto ed è accorsa, ma Tamino, impegnato a superare la prova del silenzio, le fa cenno di allontanarsi. L'afflizione di Pamina è grande per questo inaspettato atteggiamento di Tamino, e canta la bell'Aria «Ah! tu non m'ami! Io col mio pianto importuna mi rendo...» durante la quale Papageno crea ancora un contrasto comico, continuando a mangiare e mugulando.
Segue l'ascolto dell'Aria di Pamina, in cui è molto efficacemente espresso il suo dolore per quello che essa crede l'abbandono di Tamino. È nella tonalità di sol minore e l'espressione è tutta concentrata nella melodia vocale. L'orchestra, cioè, vi ha solo un semplicissimo accompagnamento di sostegno.
Scena XVIII. Parlato di Papaoreno e Pamina. Scena XIX. Sarastro e i sacerdoti cantano un inno a Iside e Osiris e commentano che il giovane principe conoscerà ben presto una vita nuova: ne sarà degno - dicono - perché lo guidano onestà e valore. Questo coro è a tre voci ed ha un carattere eminentemente religioso. Ha forma di corale, vale a dire seriza movimenti contrappuntistici. È stato rilevato che qualcosa di simile si nota nel corale di Hans Sachs nei «Maestri Cantori» e in molte opere tipicamente tedesche.
Scena XX. Sarastro elogia Tamino per la sua condotta e l'informa che gli restano ancora due prove da superare. Pamina si angoscia per i pericoli che dovrà affrontare Tamino e teme di non rivederlo piú, ma Sarastro la rassicura che tornerà.
Scena XXI. Papageno intanto ha perduto Tamino e lo rincorre affannosamente. L'oratore gli dice che i suoi errori saranno perdonati dagli Dei, ma non speri per questo di essere ammesso alle gioie celesti degli iniziati. Papageno risponde che un buon bicchier di vino sarebbe, per lui il piú celeste piacere. Quando l'Oratore gli dice: «Va stolto. E ben l'avrai», Papageno canta un'aria tipicamente mozartíana, in cui dice che se trovasse una donna, allora il bere e il mangiare sarebbero deliziosi, allora sarebbe uguale ai príncipi e gli parrebbe di essere agli Elisi.
Scena, XXII. Ricompare la vecchia che aveva precedentemente dissetato Papageno. Questa volta balla, appoggiandosi al bastone. La scena è comica, ma ha un finale tenero e sentimentale. La vecchia infatti ha parole dolci per Papageno, che ne ha ribrezzo; ma alla fine si trasforma in ragazza giovane e bella, vestita come Papageno, il quale trova cosí la sua Papagena. La canzone di Papageno ha, come quella precedente, un carattere popolare viennese, quel carattere, con-le osserva il Labroca, da allegri bontemponi che, come s'è detto, si riscontra in altre arie mozartiane. E ascoltiamo anche la simpatica scena parlata fra Papageno e la vecchia, prima che si trasformí nella giovane Papagena.
Scena XXIII. Nel momento però in cui stanno per abbracciarsi, interviene l'Oratore a impedirlo, perché - dice - «costui d'esser tuo sposo, ancor degno non è». Ma poiché Papageno vuole seguire Papagena a costo di sprofondare, la terra trema e Papageno sprofonda veramente. In questa aria Papageno si accompagna col glockenspiel.
Scena XXIV. I tre Geni arinunciano che gli errori e le superstizioni stanno per essere sconfitti e che la saggezza vincerà. Chiedono che la pace discenda nel cuore degli uomini. Allora la terra sarà come un regno celeste e i mortali uguali agli dei. Vedono Pamina disperata, perché crede che il suo amore sia disprezzato e la salvano nel momento in cui sta per suicidarsi (Scena XXV). L'assicurano poi che Tamino è salvo e l'invitano a seguirli nella sua ricerca. La scena si conclude con una delle solite sentenze moraleggianti: «Due cuori presi d'amore, nessuna potenza umana può separarli. Le forze nemiche sono vane, poiché gli dei stessi li proteggono».
Scena XXVI. Tamino deve ancora superare le prove piú terribili: quella del fuoco, dell'acqua, dell'aria e della terra. La scena rappresenta due grandi montagne: sull'una c'è una cascata d'acqua; l'altra lancia lingue di fuoco. Tamino è accompagnato da due uomini in armatura nera ed è senza scarpe, secondo il rito massonico dell'iniziazione. C'è anche una piramide sulla quale si legge che «colui che sa vincere questi pericoli, si slancerà dalla terra al cielo, potrà ricevere l'ispirazione e consacrarsi interamente ai misteri di Iside». I due uomini leggono la scritta e intonano un duetto che è degno d'una pagina del Requíem. Mentre Tamino dichiara di non temere la morte e di voler proseguire il cammino della virtú, si ode la voce di Pamina dall'interno. I due uomini in armatura nera ricongiungono i due innamorati e acconsentono che Tamino sia accompagnato da Pamina, anch'essa degna, per non temere né la notte, né la morte, di essere consacrata. Pamina consiglia a Tamino di suonare il flauto magico durante il cammino, quel flauto che fu tagliato da suo padre nel profondo di una quercia millenaria, in un momento magico di lampi e di tuoni, di tempesta e di fragore. Si ode un lungo assolo di flauto, durante il quale Tamino e Pamina passano indenni attraverso i pericoli delle fiamme e dell'acqua. La scena si conclude col coro dei Sacerdoti, i quali esultano per la vittoria di Tamino e Pamina, che vengono accolti nel tempio.
Ascolto della parte dei due uomini in armatura nera e di quella di Tamino, nel momento in cui díchiara di non temere ipericoli del cammirio che ancora deve percorrere.
Scena XXVII. Si ritorna al giardino, dove è rimasto Papageno, il quale è angosciato per aver perduto la sua Papagena e tenta di impiccarsi ad un albero; ma arrivano i tre Geni, i quali lo invitano a riflettere che si vive una volta sola e gli consigliano di suonare i suoi cainpanelli. Difatti una suonatina di glockenspiel, e Papagena ritorna. I due danno luogo ad una scena buffa, chiamandosi a vicenda e sillabando il nome. Il duetto che cantano, in cui si augurano un mucchío di Papagenini, è anticipatore di molte pagine ottocentesche del genere.
Segue l'ascolto della disperazione di Papageno, l'intervento dei tre Geni, il suono del flauto di Pari, il glackenspiel magico, e il duetto con Papagena.
Scena XXVIII. Siamo alla scena finale. Monostato guida la Regina della Notte e le tre ancelle nel tempio di Sarastro. Raccomanda di far piano, perché devono sorprendere gli empi e distruggerli. La Regina ha promesso a Monostato Pamina. Si odono intanto in distanza tuoni e rumori di cascate d'acqua che spaventano la Regina e le tre damigelle. Ad un tratto la scena si trasforma nel Tempio del Sole. Sarastro siede sul suo trono e Tamino e Pamina, vestiti da iniziati, sono in mezzo a due file di sacerdoti. In mezzo a tuoni e fragori, la Regina e Monostato, che in sostanza simboleggiano l'oscurantismo e il malgoverno, vengono inghiottiti nell'abisso e scompaiono dalla scena. Sarastro, il gran Sacerdote del Tempio, esulta per il ritorno del sole e della luce, che hanno respirito la notte e le potenze demoniache.
L'opera si conclude col coro dei sacerdoti, i quali esprimono la loro gioia agli iniziati e ringraziano Iside e Osiris per aver fatto trionfare la bellezza e la saggezza per l'eternità.
Il «Flauto magico» di Mozart, dunque, s'impernia sopra questi valori umanitari, cioè sulla lotta contro le superstizioni e le ristrettezze spirituali, sull'amore per la verità, la mutua solidarietà, la fraterna giustizia e la tolleranza. In questi valori Mozart credeva e il libretto di Schikaneder profondamente lo ispirò. A questo proposito, è importante la conclusione del Paumgartner: «Il suo temperamento aperto, allegro e socievole, la necessità di discutere argomenti profondi in un ambiente int,imo ed amico, l'animo suo aperto a tutti gli ideali umani e, malgrado la fede sincera, sempre teso, anche quasi inconsciamente, ad affrancarsi da ogni dogmatismo morale e religioso, fecero sí che quell'ordine di idee gli apparisse come una rivelazione provvidenziale e benefica, specialmente nel confronto dell'oppressiva grettezza del piccolo mondo salisburghese al quale s'era appena sottratto».
«Il cerimoniale segreto, le solennità, i riti nei quali la musica aveva non poca parte, fecero il resto suggestionando la fantasia dell'artista».
tratto da:
 http://www.rodoni.ch/proscenio/cartellone/zauberflote/massoneria2.html