giovedì 24 giugno 2010

Video Tutorials : Google SketchUp Level 1 and 2 DVDRip

Video Tutorials : Google SketchUp Level 1 and 2 DVDRip
    Author: temuzin88   |   Today, 10:50   |   comments:
Google SketchUp Level 1 and 2 DVDRip
Google SketchUp Level 1 and 2 DVDRip | 663 Mb

Description: Google SketchUp Level 1 - Learning from the movement of objects, finally, a home. Google SketchUp Level 2 - From the creation of complex structures, groups of objects to the animation and rendering.

Language: English
Video Codec: XviD
Video: 720 * 480, NTSC 4 / 3, 29,97 fps, 267kbps
Audio: MPEG Layer-3, 2-ch. stereo, 44,1 kHz, 128kbps

Google SketchUp Level 1

Google SketchUp Level 1 and 2 DVDRip

This video lessons was designed to teach all skill levels the fundmental skills and techniques to modeling efficiently and effectively in Google SketchUp. If you are just getting started using the program, you'll appreciate that we start from scratch and build your knowledge from the ground up. And to those that have been using the program for years - we guarantee that you learn something new to add to your repertoire.
This video contains 26 chapters and over 2 hours of instruction. We begin by teaching you to draw in 2 dimensional space before moving on to create 3 dimensional objects. Finally, we finish by showing you how to build an entire house.

Google SketchUp Level 2

Google SketchUp Level 1 and 2
 DVDRip

From Groups and Components, to Photomatch and Animations - this DVD focuses on more advanced SketchUp topics. We take the tools and commands that you're familiar with and teach you how to use several of those functions together to create time-saving SketchUp workflows. We recommend that you watch our Level 1 training DVD first to establish a solid base of 3D modeling fundamentals, then watch this DVD to learn more advanced workflows.
This DVD contains 6 different lessons with nearly three hours of total instruction. We begin by creating more complex buildings and teaching you how to work effectively with groups and components. Then we demonstrate how to draw complex objects using the Follow-me tool. Finally, we cover advanced topics such as Photomatch and creating Animations.

Password Unrar: neit84

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giovedì 3 giugno 2010

I bambini indaco



I bambini indaco sono quelli nati dagli anni ‘80.
Si ritiene che siano iniziati a nascere dal 1984 ma alcuni non concordano, anzi, già dal ‘79 sono nati i primi bambini indaco. Chi sono questi bambini indaco?
Sono una nuova razza di bambini ma attenzione! Non tutti i bambini nati negli anni ‘80 sono indaco!
I bambini indaco si riconoscono innanzitutto dall’aura
(il colore della nostra vibrazione, la si può vedere mettendo la mano su uno sfondo bianco e sfuocando un po’ gli occhi)
che è appunto indaco, anche se spesso il colore dell’aura può cambiare per vari fattori.
Oltre all’aura questi bambini hanno un comportamento particolare. Il bambino indaco ha delle caratteristiche eteriche peculiari.
In altre parole i bambini indaco hanno nell’eterico una connessione karmica con razze extraterrestri fin dalla nascita e sono molto legati al loro Sé superiore.
Questi bambini hanno ad esempio attaccamenti eterici con persone (eteriche) presenti su un dato piano a sua volta eterico. A volte questi attaccamenti sono così forti che gli indaco pensano di essere davvero degli extraterrestri.
L’aura di questi bambini, ormai adulti, è indaco perché gli occidentali sono connessi etericamente ai siriani la cui aura è blu, mentre gli orientali sono collegati etericamente ai Pleiadiani la cui aura è violetto.
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Ecco come li descrivono Lee Carroll e Jan Tober nel loro libro "The Indigo Children".

"...Un Bambino Indaco è una  creatura che possiede attributi psicologici insoliti e particolari e che ha un modello comportamentale diverso da quelli a cui siamo abituati.  Di conseguenza, molto spesso i genitori di questi bambini si trovano spiazzati ed impreparati nel difficile compito di educare i loro figli. Ignorare questi nuovi modelli significa creare squilibrio e frustrazione nella mente di questi preziosi bambini.


- Vengono al mondo con un senso di regalità (e spesso agiscono con regalità)

    - Pensano di "meritarsi di essere qui" e sono sorpresi quando gli altri non condividono questo loro punto di vista.
    - Non hanno problemi di autostima. Spesso essi dicono ai loro genitori "chi sono".
    - Hanno difficoltà ad accettare  l'autorità (soprattutto quando è imposta ed immotivata).
    - Si rifiutano di fare alcune cose. Per esempio non amano aspettare in coda.
    - Si sentono frustrati dai metodi  tradizionali che non richiedano l'impiego della loro creatività.
    - Spesso, sia a casa sia a scuola, trovano la soluzione più logica per fare le cose, il chè può farli apparire anticonformisti e ribelli.
    - Sembrano asociali a meno che non si trovino con i loro. simili.  Se non ci sono bambini con la loro stessa consapevolezza, si sentono incompresi e  tendono a chiudersi in se stessi. L'ambiente scolastico  è spesso estremamente difficile per loro.
    - Non rispondono a discipline basate sul senso di colpa.
    - Non si sentono in imbarazzo a parlare delle loro necessità..... "    


bambini-indaco-foto-2_zoom.jpgE' importante rendersi conto che questi  bambini possiedono un' estrema sensibilità, sono molto intuitivi e sono in grado di sentire che cosa c'è nella nostra mente e nel nostro cuore.








Vengono sul Pianeta Terra per aiutare l'umanità a progredire verso il bene supremo, per farci capire che non esistono diversità o differenze e che tutti noi facciamo parte del grande IO SONO.
Per far ciò, richiedono da tutti noi comprensione e tolleranza, amore incondizionato, apertura, integrità morale e sincerità.

La sfida che i genitori devono affrontare è imparare a considerarli bambini "normali" e a trattarli come tali. E' importante saper riconoscere i l loro valore, apprezzare le loro doti, imparare a valorizzarle, ma nello stesso tempo permettere loro di vivere la loro infanzia come qualunque altro bambino. Discriminarli o trattarli come "diversi" può rendere la vita complicata sia per loro sia per i genitori o per gli insegnanti e può avere gravi conseguenze sullo sviluppo armonioso della loro personalità.
All'inizio degli anni ottanta, quando i primi  Indaco incominciarono ad arrivare,  nessuno sospettava che si trattasse di una  nuova generazione di bambini. Essi sembravano avere attributi psicologi ed atteggiamenti  molto  diversi da quelli a cui eravamo abituati. Spesso erano bambini iperattivi, disattenti, ribelli ad ogni forma di disciplina imposta,  e  si pensava che le difficoltà che si incontravano nell'educarli  fossero da imputarsi  alla società, alla mutata struttura familiare, allo sviluppo tecnologico, alla violenza esaltata nei programmi televisivi, all'aumentato benessere, ecc... Negli Stati Uniti questo ha portato  i genitori a richiedere l'aiuto di psicoterapeuti, che sempre più spesso "tenevano tranquilli" questi bambini con psicofarmaci.

Questa tendenza allarmante è andata aumentando nel tempo, in maniera esponenziale,  e sta prendendo piede anche in Europa (è di poche settimane fa un trafiletto apparso su un settimanale a tiratura nazionale che parlava  della facilità con cui  bambini particolarmente irrequieti vengono trattati con psicofarmaci). 

Non si conoscono le conseguenze a lungo termine di questo abuso di "droghe legalizzate" ma la violenza tra i giovani è un fenomeno preoccupante, per cui viene spontaneo chiedersi se  esista una correlazione.
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Le principali sfide che i Bambini Indaco dovranno affrontare sono soprattutto legate alle loro relazioni con gli altri.  Essi hanno bisogno di molta attenzione e considerazione e soffrono se la loro visione della vita, basata essenzialmente sull'amore,  viene fraintesa o, peggio ancora, ridicolizzata. Alcuni di loro possono pertanto avere problemi a relazionarsi con bambini "normali" o con adulti ancorati alle vecchie metodologie.
Può così accadere  che questi bambini, provvisti di una grande immaginazione, di grandi facoltà intellettive, di una forte mentalità tecnologica e di elevate doti morali, ma iperattivi ed incapaci di usare il pensiero lineare a cui siamo abituati, vengano etichettati come affetti da "disordine da deficit di attenzione" e vengano di conseguenza trattati con psicofarmaci per aiutarli a rientrare nella "normalità". Tutto questo  può avere un forte impatto sulla loro personalità, diminuire la fiducia nelle loro capacità e portarli a scollegarsi  dalla loro parte divina.
A questo punto della nostra evoluzione, dobbiamo comprendere l'importanza del ruolo che questi  preziosi bambini, arrivati tra noi con un bagaglio di grande consapevolezza, si sono assunti. Se sapremo riconoscere il loro valore, capirli ed apprezzare  le loro doti intellettuali e morali,  se non instilleremo in loro il senso di colpa e la paura, da cui sono totalmente esenti,  se li aiuteremo a  seguire la loro passione, essi saranno i nostri migliori maestri,  ci insegneranno a guardarci dentro ed a scoprire quelle verità interiori che per troppo tempo non abbiamo saputo o voluto riconoscere.   Apriamo dunque il nostro cuore ed il nostro Spirito ed accettiamo i preziosi doni che queste creature meravigliose, con amore infinito, ci offrono.


Nancy Ann Tappe sostiene che oggi il 90% dei bambini al di sotto dei dieci anni sia indaco e li suddivide in quattro tipologie:

1)l’indaco umanista: è iperattivo, è un avido lettore e non riesce ad essere ordinato. E’ socievole e sta bene in mezzo a molta gente, fa tante cose insieme e si distrae facilmente

2)l’indaco concettuale: è atletico e molto interessato ai progetti più che alle persone. Ha problemi di controllo: i maschi vogliono controllare la madre e le femmine vogliono controllare il padre. Nel caso questo si verifichi è bene intervenire tempestivamente. Questi bambini possono altresì divenire preda di tossicodipendenze durante l’adolescenza, perciò vanno piuttosto guidati e controllati

3)l’indaco artista: è creativo in ogni sua  forma ed ha molti interessi

4)l’indaco interdimensionale: è il più robusto fra gli indaco e non gli si può dire niente perché risponde: “Sì, lo so, lo so fare”.

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Lo scopo della razza indaco è di gettare i semi per la nuova umanità. Come molti di voi già sanno stiamo per entrare nella quarta dimensione e visto come siamo ridotti non avremo molte possibilità di entrarci se non ci evolviamo rapidamente. Così non solo gli angeli e gli spiriti elementali stanno facendo il possibile per riportarci verso Casa ma abbiamo anche queste nuove razze di bambini che con la loro energia ci stanno aiutando. In realtà ci hanno già aiutato molto e il merito è anche nostro perché noi, permettendo loro di adattarsi, abbiamo fatto sì che espandessero la loro energia che ha scongiurato molte disgrazie profetizzate molto tempo fa. Il loro scopo è stato anche quello di aprire le porte ai bambini cristallo. E’ bene però tener sempre presente che un bambino indaco (o cristallo o arcobaleno)  non è necessariamente più evoluto di un bambino “normale”. Ognuno di noi è sempre una parte di Dio e ognuno di noi può scegliere come vivere.


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Il flauto magico


Mozart - magic - flute - queen - of - the - night - aria  Apollo Symphony Orchestra

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ATTO I
Scena I. Il giovane principe Tamino (tenore) è a caccia. Ha l'arco in mano, ma senza frecce e un serpente l'insegue. Chiede ripetutamente aiuto, poi cade svenuto dal terrore. A salvarlo intervengono tre ancelle velate e armate di lance d'argento,che uccidono il drago. Le tre ancelle indugiano ad ammirare la bellezza di Tamino e ciascuna vorrebbe rimanere sola per prendersi cura di lui, ma siccome nessuna cede all'altra, partono tutte e tre.Tamino rinviene e si domanda quale potenza l'ha salvato.
Oltre all'Ouverture, ho registrato di questa prima scena la parte di Tamino, per la sua concitazione drammatica, che rappresenta una concezione certamente originale per un tenore del settecento, di solito impegnato - come dice il Della Corte - in virtuosismi belcantistici o in arie sospirose e galanti. È una delle pagine che hanno suggerito, per «Il Flauto magico», la definizione di opera preromantica. Ho registrato anche la prima parte delle tre ancelle, le quali esultano per la vittoria riportata sul drago. Anche musicalmente è importante prendere subito conoscenza di queste tre voci omogenee, che danno il senso del meraviglioso e del soprannaturale a tutta l'opera, dapprima nel regno della Regina della Notte, come ancelle, poi in quello degli iniziati del Gran Sacerdote Sarastro, come geni, sempre nel numero di tre.
Ascoltiamo l'Ouverture, la parte di Tamino e la prima parte del canto delle ancelle. I tre accordi iniziali dell'Ouverture introducono subito nell'opera il simbolismo esoteríco. Dall'Allegro essa è elaborata in stile contrappuntistico come una fuga. Qualcuno ha interpretato le note ribattute che caratterizzano quest'Allegro come un simbolico lavoro di loggia dei «maglietti».
Scena II. Rinvenuto, Tamino si domanda chi mai può averlo salvato e dove si trova; e poiché avverte l'arrivo di qualcuno, si nasconde dietro un albero. Chi arriva? È Papageno l'uccellatore, il personaggio buffo dell'opera, che va in giro tutto vestito di piume, con una gabbia di uccelli e suonando il flauto di Pan. L'aria che canta, presentandosi con la prosopopea dello scaltro prenditore di uccelli, è popolare, ma nel gusto raffinato della liederistica viennese e gustosamente punteggiata dalle cinque note del flauto di Pan.
Nel parlato che segue, caratteristico del Singspiel tedesco, Papageno fa poi lo smargiasso con Tamino e commette l'imprudenza di attribuirsi il merito di averlo salvato. Ascoltiamo la famosa aria di Papageno «Der Vogelfänger bin ich ja» (Son io l'uccellatore).
Scena III. Ricompaiono le tre ancelle che hanno salvato Tamino e che ora, per ordine della Regina della Notte, vengono a punire Papageno perché ha mentito. Invece dei doni quotidiani di «liquor, fichi e ciambelle», portano un lucchetto dorato per chiudergli la bocca. Deve imparare «a non mentire con gli stranieri», ed anche, secondo una di quelle sentenze moraleggianti di cui il libretto è cosparso, a non usurpare mai l'onore delle azioni meritorie compiute da altri. Le tre ancelle rivelano a Tamino che è per loro se vive, e a salvarlo le mandò l'Astrifiammante alta Regina, la quale vede in lui il liberatore di Pamina, sua figlia, rapita dal Gran Sacerdote Sarastro.
Scena IV. Tamino osserva il ritratto di Pamina, che prima di partire gli hanno lasciato le tre ancelle; è estasiato dalla sua bellezza e canta l'aria «Dies Bildnis ist bezaubernd schön» (O immagine meravigliosa), che è di un lirismo appassionato e alto e comprende tutta la IV scena. L'aria è accompagnata, oltre che dal quintetto d'archi, da 2 clarinetti, 2 fagotti e 2 corni, che intrecciano una trama orchestrale di grande trasparenza.
Segue l'ascolto dell'aria di Tamino.
Scena V. Le tre ancelle dicono a Tamino che la Regina ha udito le sue espressioni di ammirazione per la figlia e che confida nel suo valere affinché venga liberata. Esse gli dicono inoltre che il rapimento fu compiuto da un «empio», che in mille modi cambia forma e aspetto e che, inosservato, seguí Pamina, la sorprese e la rapì.
 

Massoneria e potere
In questa scena V incomincia ad intessersi, sotto il velo della favola, la situazione politico-sociale del tempo. La Regina simboleggia verosimilmente l'imperatrice Maria Teresa d'Austria, che era stata nemica acerrima della Massoneria, benché il marito vi avesse appartenuto e vi si iscrivesse poi anche il figlio. Rimasta vedova, convinta com'era che la setta svolgesse un'azione nefasta, non esitò a perseguitarla e vietarla, mentre il figlio, co-reggente dell'Impero, ne favoriva l'attività segreta, in quanto si armonizzava - dice il Paumgartner - coi suoi ideali liberali e umanitari.
Fino a questo momento, la vicenda della favola è favorevole alla Regina, che appare come la vittima di Sarastro. In quest'ultimo, a sua volta, è individuabile il capo della Loggia piú importante di Vienna, detta della «Vera Concordia», che era l'illustre mineralogista Ignaz Nobile von Born.
Scena VI. Preceduta da lampi e tuoni, appare la Regina della Notte, la quale canta la famosa Aria che viene spesso eseguita nei concerti vocali-strumentali. La Regina ripete a Tamino la storia del rapimento e gli esprime il suo dolore. Se tornerai vincitore - gli dice - Pamina sarà tua per sempre.
Quest'Aria consta di un recitativo d'introduzione, un Larghetto e un Allegro. Il Larghetto, nella tonalità di sol minore, è una pagina stupenda e conferisce al canto della Regina un'espressione umana e toccante, molto appropriata al dolore per il rapimento della figlia. L'Allegro è vocalmente virtuosistico, ma improntato a quell'eleganza e a quella luminosa invenzione che caratterizzano tutta l'opera di Mozart.
Segue l'ascolto della notissima aria della Regina della Notte e,
Scena VII, del breve duetto fra Tamino e Papageno il cui comico mugolio è dovuto al lucchetto che gli chiude la bocca.
Scena VIII. Tornano le tre ancelle, le quali perdonano Papageno e gli tolgono il lucchetto, non senza ammonirlo che non dovrà piú mentire. Il libretto annovera qui un'altra sentenza moraleggiante e dice: «Se tutti i mentitori ricevessero un tal lucchetto sulle labbra, l'amor fraterno regnerebbe sull'odio e sul livore». Le tre ancelle consegnano poi a Tamino il dono della Dea stellifera, la Regina della Notte, e cioè un flauto d'oro, il cui suono lo sosterrà «nell'alte imprese», un flauto insomma dal magico potere. E ordinano a Papageno di seguire Tamino, con conseguente comica protesta di Papageno, il quale pensa che Sarastro lo metterà arrosto per il suo pranzo.
La vicenda dell'opera è dominata dall'esoterico numero «tre»: tre sono gli accordi che introducono all'Ouverture e che si ripeteranno nel corso dell'opera; tre sono, le ancelle, ed ora sono le stesse ancelle che informano Tamino e Papageno che nel regno di Sarastro il cammino sarà loro indicato da tre Geni. Anche Papagerio, per questo víaggio, avrà il suo talismano: uno strumentino di campanelli, il cui suono promuove allegria, cioè un glockenspiel.
Scena IX. Nella scena che segue siamo già in territorio nemico. C'è un andirivieni di schiavi che portano dei sofà e uno di essi dice che Monostato, il loro capo, colui che ha l'incarico di tener prigioniera Pamina, e che nella realizzazione scenica viene presentato come un negro, dovrebbe essere impiccato, impalato, perché vorrebbe «assaggiare il boccone prima del padrone».
Scena X. Pamina è condotta dagli schiavi davanti a Monostato e si ribella alla sua volontà di possederla. Monostato minaccia di metterla alla catena, ma inaspettatamente, da una finestra, entra Papageno (Scena XI), il quale, come s'è detto, rappresenta nella favola l'elemento comico che si alterna a quello serio. Papageno non sa dove si trova, si guarda attorno e vede per prima Pamina, della cui bellezza rimane colpito. Quando però si vedono, Papageno e Monostato si osservano, hanno paura l'uno dell'altro, e fuggono in opposte direzioni.
Si ascolta il breve duetto fra Monostato e Pamina, l'entrata di Papageno e il brevissimo, umoristico duettino tra Monostato e Papageno.
Scena XII. Pamina, rimasta sola, invoca la madre e si chiede se finiranno i suoi affanni.
Scena XIII. Papageno ritorna dove è prigioniera Pamina, la quale, sentendolo pronunciare il nome della Regina della Notte, vuol sapere chi è. Papageno si pavoneggia e le dice di essere un messo dell'Astrifiammante, venuto col principe Tamino per liberarla. Fra i due personaggi ha luogo un lungo dialogo parlato ed una mimica, da parte di Papageno, che richiede l'arte non facile di rendere l'elemento comico. Pamina è ansiosa di vedere Tamino, cioè il principe che per amor suo sfida il pericolo.
Segue l'ascolto del duetto, in cui' sia Pamina che Papageno esprimono, attraverso il tempo ondeggiante del sei ottavi, tutta la dolcezza del sentimento d'amore, Pamina per Tamino e Papageno per una Papagena che non ha ancora trovato.
 

Sviluppo della simbologia e degli ideali massonici
Scena XIV. In questa scena riprende, e si sviluppa la simbologia massonica. Essa raffigura infatti tre templi, quello della Sapienza, quello della Ragione e quello della Natura, che corrispondono agli ideali illumínistici del tempo, che la Massoneria condivideva e propagava nella sue Logge. Siamo nel regno del Gran Sacerdote Sarastro, che è il capo degli iniziati, e i tre Geni, di cui abbiamo parlato, guidano Tamino. Da questo momento ha luogo la svolta della vicenda: Tamino è dapprima convinto dell'offesa subita dalla Regina della Notte, tanto che parte con l'animo di chi deve affrontare in Sarastro un nemico, ma a poco a poco viene conquistato dal mondo segreto degli iniziati. Intanto i tre Geni lo istruiscono e gli rammentano che la sua impresa potrà riuscire solo se avrà indomita Costanza, Fede e Silenzio. Quando però Tamino bussa alle porte dei templí laterali, voci ammonitrici lo invitano a tornare indietro.
Solo dalla porta centrale esce un vecchio sacerdote, il quale gli dice che nessuna porta del tempio può aprirsi per lui, perché non ha compreso il senso dell'insegnamento dei tre Geni ed è ancora animato da spirito di vendetta, anziché di amore e virtú. Dal dialogo fra Tamino e il vecchio Sacerdote emerge un contrasto di idee sulla figura di Sarastro, che può benissimo essere interpretato come quello che doveva esistere, al tempo di Mozart e Schikaneder, fra l'ambiente di Corte e della Chiesa da una parte, rappresentati ancora dalla coscienza di Tamino, e la Massoneria progressista e umanitaria dall'altra, rappresentata dal vecchio Sacerdote, il quale dice a Tamino che Sarastro non è un mostro, un tiranno, come egli crede, ma un benefattore illuminato e saggio. Tamino chiede al Sacerdote, il quale è legato all'obbligo del silenzio, che gli indichi almeno dov'è Pamina, se vive, e se «può sperare che cada il velo del mistero». Il vecchio Sacerdote gli risponde che il velo sarà tolto quando un sentimento di amicizia lo condurrà nella via eterna del santuario. Qui il gioco si fa estremamente sottile fra la favola, che ci fa pensare a una Pamina in carne ed ossa, effettivamente rapita alla madre, ed una Pamina simbolo della Massoneria stessa, di cui il libretto di Schikaneder fa inequivocabilmente l'apologia.
Le parole del vecchio Sacerdote contengono in sostanza questa equazione: «Tu potrai raggiungere Pamina quando sarai capace di vera amicizia», cioè «Tu potrai ottenere la iniziazione quando sarai capace di vera amicizia». L'identificazione è sottile, ma a quel tempo agitava un tema di grande attualità, come, del resto, l'identificazione di alcune personalità politiche del tempo coi personaggi della favola. E l'interesse che dopo le prime rappresentazioni cominciò a suscitare l'opera sul pubblico, probabílmente si dovette, oltre che alla musica, alle allusioni del libretto.
Pamina, dunque, è viva. Voci misteriose lo comunicano a Tamino e questa scena si conclude con un'aria che esprime lo smarrimerito di Tamino stesso, il quale suona per la prima volta il flauto datogli dalla Regina della Notte, perché si compia la magia dell'apparizione di Pamina.
Segue l'ascolto di tutta la scena XIV, che comprende la parte dei tre Geni, il bel recitativo accompagnato di Tamino, l'unico di tutta l'opera, il dialogo di Tamino e del vecchio Sacerdote, il suono del flauto e l'aria di Tamino. Si noti il tono di solennità che Mozart conferisce alla parte del vecchio sacerdote.
Scena XV. Alla bell'Aria di Tamino si collega, in questa scena, un grazioso duetto di Papageno e Pamina, i quali cercano a loro volta Tamino con l'ausilio del flauto di Pan di Papageno.
Scena XVI. Monostato sorprende Papageno e Pamina mentre cercano di fuggire e minaccia di farli incatenare. Papagerio suona allora il suo carillon magico e Monostato e gli schiavi rapiti dal suono, si mettono a ballare e cantare.
Segue l'ascolto di questo brano che, accompagnato dal glockenspiel di Papageno, è di una comicità e di un'invenzione musicale veramente squisite.
Papageno e Pamina rimangono soli e in un delicato duetto ìntroducono ancora una sentenza moraleggiante: se ogni buon uomo potesse possedere un carillon simile a questo, i suoi nemici dileguerebbero presto ed egli vivrebbe nella migliore armonia. Solo l'armonia dell'amicizia addolcisce le pene e senza di essa non v'è felicità sulla terra.
Una marcia interna e il coro annunciano l'arrivo del Gran Sacerdote Sarastro, mentre Papageno recita una delle sue solite scene di comica paura. Si domanda che cosa dirà a Sarastro, e Pamina, a conferma dell'intonazione moralistica della favola, gli risponde: dovrai dire il vero, non mente un cuore nobile. Nel testo tedesco gli ripete due volte «die
Wahrheit, die Wahrheit», la verità, la verità. Il libretto è tutto imperniato su questi valori morali e lo stesso Tamino - come osserva il Paumgartner - non è un eroe nel senso eroico, ma nel senso etico del termine.
Si ascolta il breve coro che inneggia a Sarastro, la scena di Papageno e l'intervento di Pamina.
Scena XVII. Entra Sarastro sopra un superbo cocchio. I. sacerdoti che l'accompagnano cantano un inno in lode di Iside. Sarastro dice a Pamina, che gli chiede pietà per aver tentato di fuggire, di non sperare che possa lasciarla libera, perché aggiunge - ciò ti costerebbe la felicità. La vicenda continua a volgere in favore del tempio degli iniziati: l'empio, il mostro sembrava Sarastro, mentre è lui che ora giudica la regina spietata e di cuore altero, è lui che ora vuole la felicità di Pamina, che si realizzerà solo quando uno sposo fedele la guiderà al vero. L'allusione massonica sulla necessità di conoscere e amare la verità, per essere veramente liberi, e di combattere l'ipocrisia e la tirannia del potere, simboleggiate dalla Regina della Notte, è chiara.
Scena XVIII. Il primo atto si conclude col coro dei sacerdoti che inneggiano a Sarastro e mentre Tamino e Pamina vengono condotti nel recinto delle prove del fuoco, dell'acqua, dell'aria e della terra, che sono le prove della purificazione e, secondo il rituale massonico, si benda loro la fronte.

ATTO II
Scena I. Nell'atrio del tempio, Sarastro parla ai sacri ministri e dice che per le mura del tempio stesso erra un giovane principe che vuole squarciare il velo dell'errore che gli hanno trasmesso gli avi e poter contemplare la luce sacra. Si noti anche qui il contrasto a cui ci porta la vicenda: Tamino era partito per liberare Pamina dal feroce Sarastro ed ora, invece, proprio nel regno di Sarastro aspira a purificarsi. La situazione è capovolta e l'apologia dei principi massonici è evidente. Del resto Sarastro definisce il suo tempio come la reggia del vero. L'oratore fa le domande rituali e chiede se Tamino abbia costanza, sia capace di silenzio e di santo fraterno affetto, le qualità che deve possedere un aspirante alla setta degli iniziati. Sarastro se ne fa garante e spiega che rapì la dolce e virtuosa Pamina perché gli dei l'hanno destinata al giovane principe e accusa la regina di voler ingannare il popolo con l'illusione e la superstizione e distruggere il tempio. Ciò non deve accadere - dice Sarastro Tamino deve aiutarci a rafforzarlo.
Dopo i necessari insegnamenti dati a Tamino e Papageno perché possano superare le prove, la scena si conclude con una bella invocazione a Iside ed Osiris di Sarastro e del coro, che dimostra come Mozart abbia voluto conferire ai personaggi del tempio un'espressione di solennità e religiosità. La invocazione di Sarastro, che è un'aria in fa maggiore, si svolge nelle solenni sonorità proprie del registro basso ed punteggiata da interventi del coro.
Scena II e III. Tamino e Papageno stanno per essere ammessi nel tempio. L'oratore e il secondo sacerdote rivolgono ai due iniziandi le domande rituali. Tamino risponde che solo amicizia e amore sono le sue aspirazioni e che accetta di conquistare queste virtú a costo della vita. Papageno, anche in questa occasione, si rivela il semplice che è, dichiarando che non pretende di pervenire alla saggezza, ma che s'accontenta di mangiar, bere e dormire.
Scena IV. Papageno e Tamino rimangono soli e al buio. Papageno ha paura: i tuoni e i fulmini rendono più spaventoso il luogo. Incomincia qui la scena delle prove e dell'iniziazione e continua (scena V) il sottile giuoco fra la favola e il rituale massonico, poiché improvvisamente ricompaiono le tre ancelle della Regina della Notte, che già furono le salvatrici di Tamino. Quando esse lo esortano a uscire da quel luogo di terrore, sembrano preoccuparsi di avvertirlo di un pericolo, ma in effetti compiono il tentativo di farlo mancare ai suoi giuramenti. E annunciano anche la vendetta della Regina, ma Tamino resiste, il che, al tempo di Mozart e Schikaneder aveva un chiaro significato relativo ai rapporti fra la Massoneria e i suoi nemici, e quindi anche sociale e politico. In tutta la scena si avvicendano le minacce delle tre ancelle, le reazioni di Tamino e le paure di Papageno. Alla fine, l'arrivo di Sarastro e dell'Oratore fa sprofondare le tre ancelle (ne segue l'ascolto).
Scena VI. L'Oratore si compiace delle prove sostenute da Tamino e gli dice che dovrà ancora molto soffrire, ma che vincerà. E aggiunge un'altra di quelle sentenze moraleggianti che costituiscono la filosofia del libretto: «Sorride favorevole il Cielo all'alme grandi». La scena si conclude con il rinvenimento di Papageno disteso sul pavimento e quasi morto di paura.
Scena VII. Pamina è addormentata nel giardino. Entra il negro Monostato, che non ha rinunciato al proposito di possederla. Mentre la guarda, canta un'Aria che val la pena ascoltare, perché è di un'eleganza e di una vivacità veramente sorprendenti. Anche lo strumentale è leggerissimo e «frusciante».
Ascolto della Cavatina di Monostato.
Scena VIII. Monostato pensa dunque che quello sia il momento di abbracciare Pamina, ma giunge inaspettatamente la Regina della Notte a guastargli la festa. La Regina, oltre che per salvare la figlia da Monostato, appare nel giardino del tempio per indurre la figlia a uccidere Sarastro e le consegna il pugnale vendicatore. Questa scena si conclude con la famosa «Aria degli angui d'inferno», in cui la Regina esprime i suoi propositi di vendetta contro Sarastro e il suo furore contro la figlia, se non saprà colpirlo. Segue l'ascolto dell'aria «Der Hölle Rache Kocht in meinem Herzen», nota in Italia come Aria degli angui d'inferno, che è un banco di prova delle possibilità vocali dei soprani leggeri. Va notato che dietro l'apparente bravura dei vocalizzi, si celano espressioni drammatiche molto appropriate all'ira della Regina della Notte.
Scena IX. Pamina pensa che non può uccidere Sarastro. Sorpresa da Monostato è da lui ricattata. Che cosa chiede in cambio? Amore. Ma Pamina rifiuta decisamente.
Scena X. A Sarastro Monostato rivela il piano della Regina e della figlia, che è quello di ucciderlo, ma Sarastro si dimostra indifferente e lo congeda. Monostato, comunque, continua a sognare di possedere Pamina e a tal fine decide che è meglio abbandonare Sarastro e passare al servizio della Regina, perché - egli dice - «se il bisogno consiglia, si può servir la madre per la figlia».
Scena XI. Sarastro perdona Pamina e nella bell'aria «Alla Regina ti toglie il Cielo, eppur colà sotterra armi prepara (la Regina) e guerra», egli definisce i principi morali del suo regno, che si ispira alla bontà, all'amore fraterno, alla pietà verso l'errore, che sono anche i principi massonici del tempo.
Segue l'ascolto dell'Aria di Sarastro, che per il suo andamento tranquillo infonde un senso di pace ed è in netto contrasto con l'aria esprimente l'odio e i propositi di vendetta della Regina.
Scena XII. L'oratore e un altro sacerdote lasciano Tamino e Papageno e indicano loro il cammino che devono compiere da soli, iinponendo loro di nuovo il silenzio.
Scena XIII. L'elemento comico di questa scena è dato dalla fatica di Papageno a osservare il silenzio, in contrasto con la serietà di Tamino impegnato a zittirlo. Papageno parla allora con se stesso; rimpiange i suoi boschi e lamenta che quei signori (i sacerdoti) non gli diano nemmeno due gocce di acqua fresca.
Scena XIV. Appare allora una vecchia bruttissima con un grande bicchiere d'acqua in mano per Papageno. Segue un buffo parlato durante il quale la vecchia dice di avere diciotto anni e due minuti e spaventa Papageno quando gli dice che il suo amore è proprio lui.
Scena XV. Ricompaiono i tre Geni, cioè le tre guide, i quali danno per la seconda volta il benvenuto a Tamino e a Papageno, e restituiscono al primo il flauto d'oro e al secondo la cassetta dei campanelli, che furono loro tolti all'entrata nel tempio. Offrono loro anche un pranzo, che rallegra molto Papageno, il quale (Scena XVI) mentre Tamino riprende a suonare il flauto, mangia a quattro palmenti.
Scena XVII. Pamina ha udito il suono del flauto ed è accorsa, ma Tamino, impegnato a superare la prova del silenzio, le fa cenno di allontanarsi. L'afflizione di Pamina è grande per questo inaspettato atteggiamento di Tamino, e canta la bell'Aria «Ah! tu non m'ami! Io col mio pianto importuna mi rendo...» durante la quale Papageno crea ancora un contrasto comico, continuando a mangiare e mugulando.
Segue l'ascolto dell'Aria di Pamina, in cui è molto efficacemente espresso il suo dolore per quello che essa crede l'abbandono di Tamino. È nella tonalità di sol minore e l'espressione è tutta concentrata nella melodia vocale. L'orchestra, cioè, vi ha solo un semplicissimo accompagnamento di sostegno.
Scena XVIII. Parlato di Papaoreno e Pamina. Scena XIX. Sarastro e i sacerdoti cantano un inno a Iside e Osiris e commentano che il giovane principe conoscerà ben presto una vita nuova: ne sarà degno - dicono - perché lo guidano onestà e valore. Questo coro è a tre voci ed ha un carattere eminentemente religioso. Ha forma di corale, vale a dire seriza movimenti contrappuntistici. È stato rilevato che qualcosa di simile si nota nel corale di Hans Sachs nei «Maestri Cantori» e in molte opere tipicamente tedesche.
Scena XX. Sarastro elogia Tamino per la sua condotta e l'informa che gli restano ancora due prove da superare. Pamina si angoscia per i pericoli che dovrà affrontare Tamino e teme di non rivederlo piú, ma Sarastro la rassicura che tornerà.
Scena XXI. Papageno intanto ha perduto Tamino e lo rincorre affannosamente. L'oratore gli dice che i suoi errori saranno perdonati dagli Dei, ma non speri per questo di essere ammesso alle gioie celesti degli iniziati. Papageno risponde che un buon bicchier di vino sarebbe, per lui il piú celeste piacere. Quando l'Oratore gli dice: «Va stolto. E ben l'avrai», Papageno canta un'aria tipicamente mozartíana, in cui dice che se trovasse una donna, allora il bere e il mangiare sarebbero deliziosi, allora sarebbe uguale ai príncipi e gli parrebbe di essere agli Elisi.
Scena, XXII. Ricompare la vecchia che aveva precedentemente dissetato Papageno. Questa volta balla, appoggiandosi al bastone. La scena è comica, ma ha un finale tenero e sentimentale. La vecchia infatti ha parole dolci per Papageno, che ne ha ribrezzo; ma alla fine si trasforma in ragazza giovane e bella, vestita come Papageno, il quale trova cosí la sua Papagena. La canzone di Papageno ha, come quella precedente, un carattere popolare viennese, quel carattere, con-le osserva il Labroca, da allegri bontemponi che, come s'è detto, si riscontra in altre arie mozartiane. E ascoltiamo anche la simpatica scena parlata fra Papageno e la vecchia, prima che si trasformí nella giovane Papagena.
Scena XXIII. Nel momento però in cui stanno per abbracciarsi, interviene l'Oratore a impedirlo, perché - dice - «costui d'esser tuo sposo, ancor degno non è». Ma poiché Papageno vuole seguire Papagena a costo di sprofondare, la terra trema e Papageno sprofonda veramente. In questa aria Papageno si accompagna col glockenspiel.
Scena XXIV. I tre Geni arinunciano che gli errori e le superstizioni stanno per essere sconfitti e che la saggezza vincerà. Chiedono che la pace discenda nel cuore degli uomini. Allora la terra sarà come un regno celeste e i mortali uguali agli dei. Vedono Pamina disperata, perché crede che il suo amore sia disprezzato e la salvano nel momento in cui sta per suicidarsi (Scena XXV). L'assicurano poi che Tamino è salvo e l'invitano a seguirli nella sua ricerca. La scena si conclude con una delle solite sentenze moraleggianti: «Due cuori presi d'amore, nessuna potenza umana può separarli. Le forze nemiche sono vane, poiché gli dei stessi li proteggono».
Scena XXVI. Tamino deve ancora superare le prove piú terribili: quella del fuoco, dell'acqua, dell'aria e della terra. La scena rappresenta due grandi montagne: sull'una c'è una cascata d'acqua; l'altra lancia lingue di fuoco. Tamino è accompagnato da due uomini in armatura nera ed è senza scarpe, secondo il rito massonico dell'iniziazione. C'è anche una piramide sulla quale si legge che «colui che sa vincere questi pericoli, si slancerà dalla terra al cielo, potrà ricevere l'ispirazione e consacrarsi interamente ai misteri di Iside». I due uomini leggono la scritta e intonano un duetto che è degno d'una pagina del Requíem. Mentre Tamino dichiara di non temere la morte e di voler proseguire il cammino della virtú, si ode la voce di Pamina dall'interno. I due uomini in armatura nera ricongiungono i due innamorati e acconsentono che Tamino sia accompagnato da Pamina, anch'essa degna, per non temere né la notte, né la morte, di essere consacrata. Pamina consiglia a Tamino di suonare il flauto magico durante il cammino, quel flauto che fu tagliato da suo padre nel profondo di una quercia millenaria, in un momento magico di lampi e di tuoni, di tempesta e di fragore. Si ode un lungo assolo di flauto, durante il quale Tamino e Pamina passano indenni attraverso i pericoli delle fiamme e dell'acqua. La scena si conclude col coro dei Sacerdoti, i quali esultano per la vittoria di Tamino e Pamina, che vengono accolti nel tempio.
Ascolto della parte dei due uomini in armatura nera e di quella di Tamino, nel momento in cui díchiara di non temere ipericoli del cammirio che ancora deve percorrere.
Scena XXVII. Si ritorna al giardino, dove è rimasto Papageno, il quale è angosciato per aver perduto la sua Papagena e tenta di impiccarsi ad un albero; ma arrivano i tre Geni, i quali lo invitano a riflettere che si vive una volta sola e gli consigliano di suonare i suoi cainpanelli. Difatti una suonatina di glockenspiel, e Papagena ritorna. I due danno luogo ad una scena buffa, chiamandosi a vicenda e sillabando il nome. Il duetto che cantano, in cui si augurano un mucchío di Papagenini, è anticipatore di molte pagine ottocentesche del genere.
Segue l'ascolto della disperazione di Papageno, l'intervento dei tre Geni, il suono del flauto di Pari, il glackenspiel magico, e il duetto con Papagena.
Scena XXVIII. Siamo alla scena finale. Monostato guida la Regina della Notte e le tre ancelle nel tempio di Sarastro. Raccomanda di far piano, perché devono sorprendere gli empi e distruggerli. La Regina ha promesso a Monostato Pamina. Si odono intanto in distanza tuoni e rumori di cascate d'acqua che spaventano la Regina e le tre damigelle. Ad un tratto la scena si trasforma nel Tempio del Sole. Sarastro siede sul suo trono e Tamino e Pamina, vestiti da iniziati, sono in mezzo a due file di sacerdoti. In mezzo a tuoni e fragori, la Regina e Monostato, che in sostanza simboleggiano l'oscurantismo e il malgoverno, vengono inghiottiti nell'abisso e scompaiono dalla scena. Sarastro, il gran Sacerdote del Tempio, esulta per il ritorno del sole e della luce, che hanno respirito la notte e le potenze demoniache.
L'opera si conclude col coro dei sacerdoti, i quali esprimono la loro gioia agli iniziati e ringraziano Iside e Osiris per aver fatto trionfare la bellezza e la saggezza per l'eternità.
Il «Flauto magico» di Mozart, dunque, s'impernia sopra questi valori umanitari, cioè sulla lotta contro le superstizioni e le ristrettezze spirituali, sull'amore per la verità, la mutua solidarietà, la fraterna giustizia e la tolleranza. In questi valori Mozart credeva e il libretto di Schikaneder profondamente lo ispirò. A questo proposito, è importante la conclusione del Paumgartner: «Il suo temperamento aperto, allegro e socievole, la necessità di discutere argomenti profondi in un ambiente int,imo ed amico, l'animo suo aperto a tutti gli ideali umani e, malgrado la fede sincera, sempre teso, anche quasi inconsciamente, ad affrancarsi da ogni dogmatismo morale e religioso, fecero sí che quell'ordine di idee gli apparisse come una rivelazione provvidenziale e benefica, specialmente nel confronto dell'oppressiva grettezza del piccolo mondo salisburghese al quale s'era appena sottratto».
«Il cerimoniale segreto, le solennità, i riti nei quali la musica aveva non poca parte, fecero il resto suggestionando la fantasia dell'artista».
tratto da:
 http://www.rodoni.ch/proscenio/cartellone/zauberflote/massoneria2.html

FLAUTO MAGICO

MASSONERIA: SIMBOLI E ARCHETIPI NEL FLAUTO MAGICO DI W.A.MOZART
di Bruno Gazzo
Fondatore e Direttore di PS Review of Freemasonry.




La genesi del Flauto Magico è avvolta dal buio. E' giusto che sia così. Tutte le grandi opere dovrebbero essere avvolte dal mistero. Forse anche oggi, in qualche luogo oscuro e circondato dal più assoluto riserbo, un uomo sta lavorando ad un'opera immortale.

Ufficialmente il libretto del Flauto Magico è stato scritto da Schikaneder, massone di una Loggia di Vienna, ma è con forza che dobbiamo ammettere l'influenza in ogni verso del letterato e massone Mozart . Egli ha voluto che questa opera fosse il suo testamento spirituale. Troppo elevato è il significato simbolico del testo per poterlo attribuire al solo Schikaneder, certamente abile uomo di teatro e valido cantante, ma giustamente interprete nell'opera del personaggio di Papageno e non di quello di Camino. D'altronde Mozart già nel finale del Ratto dal Serraglio trasformò una storia romanzesca in una parabola lessinghiana sulla generosità e sulla convivenza umana.

Noi sappiamo che documenti dell' epoca testimoniano inequivocabilmente l'appartenenza di Mozart alla Loggia " La Beneficenza", dove fu iniziato il 14 dicembre 1784, a Vienna. Questa sua condizione lo ha di certo favorito nello studio della mitologia e in particolare su i suoi significati più profondi. Mozart probabilmente lesse il saggio di Plutarco su Iside e Osiride e l'ultimo libro delle Metamorfosi di Apuleio. Non fu in grado invece di venire a conoscenza dei significati esoterici della Sfinge e delle piramidi egizie, perché esse aspettavano ancora Napoleone sotto la sabbia del deserto.
Libretto
 Originale
Secondo alcuni autori Mozart ha usato consciamente simboli propriamente massonici, simboli che corrispondono certamente ad una filosofia e ad un morale particolare, ma che sembrano essere mediati in qualche modo dallo spirito umanista e progressista del Settecento. Sorprendente invece è il fatto che questo lavoro è costantemente pervaso ed arricchito da una simbologia inconscia la cui pienezza e il cui significato poggiano su contenuti archetipici umani universali.

Le avventure del Flauto Magico sono le vicende delle ore che passano e si inseguono, della luce che diventa ombre e della tenebra che ritorna luce. All'inizio mentre Papageno esce cantando e zufolando dal bosco è mattina. Sarastro scende dal suo carro nel caldo mezzogiorno. Poi il giorno inclina verso il crepuscolo e l'universo viene nascosto da un' oscurità spaventevole nella quale comincia il viaggio iniziatico di Tamino. Qualche ora passa. dal chiuso del Tempio il coro dei Sacerdoti comincia ad invocare lo splendore della luce. I tre Genii annunciano che presto il Sole tornerà a percorrere la sua strada dorata. Le insidie della notte non sono ancora vinte e solo quando Pamina e Tamino avranno attraversato l'acqua e il fuoco, il sole pieno, il sole senza ombre e macchia illuminerà la terra.

Lo stesso viaggio avviene nell'animo di ogni iniziato che potrebbe ripetere il grido di Tamino : " O e terna notte quando scomparirai ? Quando la luce troverà finalmente il mio occhio ? ". Il rituale di tutte le iniziazioni maschili ha per motto : " Attraverso la notte verso la Luce. " Ciò significa che la direzione di quello che accadde è determinata da una simbologia che a partire dal viaggio notturno dell' Eroe nel mare, conosciamo come simbologia solare. Morendo di sera all' occidente il sole deve affrontare il viaggio attraverso il mare oscuro del mondo sotterraneo e della morte per risorgere, trasformato come nuovo sole all' oriente.

Questa simbologia solare è il modello archetipico di tutti gli Eroi e di tutte le vie iniziatiche in cui l' Eroe rappresenta il principio della coscienza che deve essere raggiunto e che deve affermarsi nella lotta contro le forze oscure dell' inconscio. Oltre a ciò l'Eroe deve anche liberare il tesoro per riempirlo di tutti quei contenuti ad esso inerenti e deve farlo lottando contro le forze oscure nemiche della coscienza. Paradossalmente possiamo affermare che Mozart è l' Eroe e che il Flauto Magico è il tesoro da lui liberato.

Non è nell'intenzione di questo scritto fare il riassunto della trama dell' opera, ma è invece interessante riportare in sintesi il contenuto di quelle parti iniziali del libretto che, seppur scritte, non vengono mai rappresentate. Se ciò accadesse molte delle incongruenze di cui è accusato il testo cadrebbero automaticamente.

Prima della nascita di Tamino e Pamina una coppia sovrana dominava il mondo: un Re solare, di cui ignoriamo il nome e la potente Regina della Notte. Tra il principio virile e quello femminile, tra luce e tenebre esisteva allora un mutuo accordo. Questo appare evidente dal fatto che il Re tagliò il magico flauto dal tronco di una quercia millenaria in un ora stregata, fra lo scatenarsi dei tuoni e dei lampi, nel rumore della tempesta notturna: lo tagliò con l' aiuto decisivo della regina della Notte alla quale quel momento apparteneva come sovrana degli incanti notturni.

Qualcuno potrebbe dunque credere che in quel tempo regnasse l'armonia tra i principii opposti e solo il bene "nutrisse la terra". In realtà l'unione fra i due sovrani era stato un compromesso piuttosto che un abbraccio amoroso: con disprezzo infatti il marito teneva lontana la moglie dalle cose, si legge nel testo, che sono incomprensibili allo spirito femminile. Nè la forza del Re doveva intendersi come benefica per intero : egli portava sul petto il settemplice cerchio solare, il segno del suo potere che consumava tutte le cose. Il sole, così come si era incarnato in lui, era una forza che arde e dissecca, che da la vita e la toglie, che cancella la vegetazione, assorbe la potenza materna dell'umidità, rende arido e inabitabile il suolo. Con la morte del sovrano solare i due regni della luce e delle tenebre si dividono, diventano nemici e la regina viene sconfitta. Ora vive nel suo palazzo pieno di uccelli e circondato dalla fitta vegetazione del bosco. Un Tempio ricorda ancora il suo culto : tre dame prestano i loro servigi, ma ha perduto il cerchio solare del marito e anche sua figlia, unico ricordo della luce, le è stata strappata ed è prigioniera nel castello di Sarastro. Il settemplice cerchio solare, simbolo della forza, ora riposa sul petto di Sarastro venerato da un popolo di Sacerdoti e di schiavi.

Visto dall'esterno il Flauto Magico è un' opera divisa in due atti, ma in realtà è ordinato secondo il numero tre, numero sacro per la Massoneria, che è presente nella partitura musicale con le note del triplice accordo dell' ouverture, ripetute all' inizio del secondo atto e al momento della iniziazione di Tamino. Tale atto, ad un più attento esame, finisce con la ventesima scena e quindi possiamo identificare sicuramente un terzo atto nascosto per la esigenze teatrali del tempo di Mozart. Questa parte inizia con il coro dei sacerdoti.

La struttura dell'Opera si fonda sul simbolismo prettamente massonico della piramide. Il primo atto costituisce la base: in esso predominano le forze ctonie e la Regina della Notte. Nel secondo atto si ascende con l'iniziazione alla zona centrale dell'edificio dove si rappresenta la lotta fra la luce e l'oscurità. Il terzo atto costituisce la cima della piramide e in esso viene celebrata l' unione fra il maschile e il femminile, come segreto di Iside e Osiride.

Vista questa disposizione appaiono più chiare alcune analogie. Nel primo atto la Regina della Notte si manifesta come madre buona, nel secondo diventa madre terribile, nel terzo è sprofondata all'opposto della cima della piramide, cioè negli abissi. Anche la triplice comparsa del tema musicale si inserisce a vari livelli. Nel primo atto appare quando viene elaborato il principio d' amore della natura, nel secondo ritorna quando l' umanità raggiunge il paradiso della ragione e ritrova il suo stato originario divino. Per la terza volta il motivo ritorna all' inizio dell' ultima parte in cui viene compiuta l' unione misterica tra Tamino e Pamina. Mozart ci vuole esprimere come ciò che a livello inferiore avviene nella natura e a quello medio nella comunità umana, penetra anche al centro dell' uomo. Non a caso vi sono tre Templi : ai lati opposti quello della Natura e quello della Ragione, mentre è al centro che sta il Tempio della Saggezza.
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L' opera di Mozart, essendo eminentemente simbolica, può essere letta con diversi gradi di significato. Abbiamo scritto prima come essa sia costantemente pervasa da una simbologia inconscia che rende possibile interpretazioni diverse. Se la consideriamo una fiaba essa affonda le radici sicuramente, come tutte le favole, negli archetipi dell' umanità, ma forse più delle altre ci rivela e ci immerge nel gran mondo dei fatti primari, delle storie ancestrali più dell' Orestiade, più dell' Edipo Re, del Faust, di Re Lear.

Se esaminiamo in questa luce il testo, allora diventa ancora più chiaro il carattere di fondo delle figure contrastanti, rappresentate, da un lato dalla regina della Notte e dall' altro dal sacerdozio di Sarastro. La Regina della Notte rappresenta il lato oscuro di ciò che la concezione morale maschile sperimenta come " maligno ", nel corso dell' azione diventa l'immagine di tutti gli affetti pericolosi, specialmente la vendetta e la superbia, ma soprattutto rappresenta il principio del potere del Male che incarna la morte e vuole impadronirsi delittuosamente del lato luminoso, quello solare del Bene. Il femminile diventa così ancora una volta il tentatore, assume completamente il ruolo del diavolo con l'inganno, la superstizione, la menzogna. Quando la Regina della Notte dice . " La vendetta dell' inferno bolle nel mio cuore " e ancora " morte e disperazione bruciano in me ", ella esprime il segreto più profondo del suo essere. Astriffiammante rappresenta il simbolo del mondo originario, l'inconscio che si oppone al maschile cioè alla coscienza, che è luce sulla via della realizzazione del sé. Ella è anche il simbolo della Grande Madre, la Dea della Notte che l' Eroe mitico Tamino deve sconfiggere nel suo cammino verso l'iniziazione.

Nel corso della trama altri rapporti vengono a legare archetipicamente i personaggi. Il primo è quello tra la Regina della Notte e Pamina che corrisponde alla situazione archetipica rappresentata dal mitologema do Demetra e Core. La stretta unione di Pamina e più in generale della figlia con la madre, il suo ratto ad opera del maschile e la resistenza alla madre, costituiscono a tutt'oggi un conflitto essenziale nello sviluppo del femminile, momento nel quale si decide se la figlia apparterrà al mondo matriarcale, a quello patriarcale o a quello dell' incontro con l' amato. Pamina percorrerà questa ultima strada per intero fino a congiungersi per formare la Coppia Armonica con Tamino.

Interessante mi sembra ancora esaminare un' altro rapporto: quello fra Tamino, l' Eroe-Principe e Papageno, l' uomo uccello. Goethe a proposito di questo tipo di personaggi scrisse nel Faust. " Ah, due anime abitano nel mio petto, l' una si vuole separare dall' altra. L' una si aggrappa, con saldi organi e con aspra gioia d' amore al mondo, l' altra si leva d' impeto su dalla polvere terrena verso i campi degli antichi Avi ". Il cammino iniziatico dei misteri è, senza dubbio, il cammino dell' eroe, di Tamino, ma il suo slancio ascetico-idealistico sotto il segno della virtù e della saggezza è in naturale contrasto con la razionalità di Papageno che rappresenta la paura e l' indolenza dell' uomo comune che si ritrae dall' ascesi e dallo sforzo. Papageno dice. " Io non voglio in fondo sapienza, io sono un uomo naturale che di sonno, cibi e bere si accontenta e se è possibile catturare una bella donnetta".

Tamino è invece l'eroe che va verso la notte rischiando la morte per arrivare al celeste piacere dell' iniziato. Egli rappresenta il principio della coscienza che deve essere raggiunta e che deve affermarsi nella lotta con le forze oscure dell' inconscio. Egli è alla caccia del tesoro che è simbolo dell' ampliamento di coscienza, che è poi il profitto di ogni iniziazione come ad esempio nel celebre lavoro di Apuleio dove l' iniziato diventa Osiride, cioè illuminato e illuminante. Papageno non è in grado di partecipare all' alto volo spirituale di Tamino, ma non è che non subisca una trasformazione, solo che essa avviene nell' ambito di un mondo naturale, non tanto inferiore, ma che vibra a una frequenza più grossa. La grandezza di Mozart si esprime in tutta la sua luce quando egli ci manifesta come il mistero superiore dell' iniziazione è colmo della stessa forza d' amore che anima il mondo di Papageno.

Abbiamo visto come la Regina della Notte sia l'inconscio, soprattutto come Madre terribile, come Papageno sia " l'ombra" di Tamino e così Pamina non è solamente l' amata di Tamino da conquistare esteriormente, ma è simbolo dell' anima da conquistare attraverso la prova. Mi spiego più chiaramente: Pamina è l'anima di Tamino stesso, l' immagine del femminile che vive nell'uomo. Ma Pamina non è solo la principessa da salvare, ella si trasforma, sperimentando femminilmente la morte simbolica, cioè il distacco dal matriarcato, nella sposa di Tamino degna di iniziazione.

Il mistero del Flauto Magico si compie e l'unione fra maschile e femminile si realizza assumendo il massimo valore simbolico. Nell' affrontare l' iniziazione è Pamina stessa a condurre per mano Tamino verso le prove dell' acqua e del fuoco. Questo non vuol dire una sua predominanza, bensì la maggiore affinità del femminile verso la natura e il principio d' amore che, come essenza del cuore, porta ad un livello di saggezza. La perfetta unione dei due amanti porta in sé la sacralità del tutto e quindi non solo essi saranno l' ermafrodita , l' androgino, ma rinasceranno deificati e così, come Iside e Osiride, saranno trionfatori sulla morte.

Vediamo per ultimo il personaggio di Sarastro.Egli è un sacerdote solare, come quelli che regnavano nelle antiche teocrazie d' Oriente. Possiede qualità sovraumane, una specie di sesto senso che gli fa riconoscere i più riposti e segreti pensieri dell' uomo. I canti più gravi, le musiche più solenni, i riti più maestosi, l' atmosfera più oscuramente misteriosa e veneranda, formano lo sfondo ad una eco interminabile alla sua figura. Si può rilevare come Sarastro rappresenti il principio maschile che non si è interamente compiuto con l' unione col femminile. E' un sacerdote, non un Dio incarnato, nel suo regno vi sono anche schiavi e non solo uomini liberi. Sarastro è sì il sole raggiante che sconfigge la notte, ma è una figura minore a confronto della coppia trionfante.

Sulla scena del Flauto Magico accade misteriosamente l' evento che da migliaia di anni la terra attendeva : la luce e il buio, il principio maschile e quello femminile , la coscienza e l'inconscio, si incontrano secondo il principio di Amore. In quest'opera apparentemente favolistica ci viene svelato uno dei segreti più reali del viaggio iniziatici che dobbiamo percorrere. Questo è il nobile messaggio che Mozart ci dona, un messaggio che egli è ben conscio essere per molti, anche iniziati come lui nelle Logge massoniche, solo una speranza.

Sarastro nell' ultima scena sta in alto, tutto il teatro è luce e la gioia delle trombe ne celebra il trionfo, ma che significato ha questo trionfo, forse che la tenebra e la notte sono state annientate? Sembra piuttosto che mentre Tamino e Pamina compivano il loro viaggio, la luce del sole si nutrisse alle sorgenti della notte: assorbiva i suoi tesori che sono la musica, la passione amorosa, il dolore, la natura e li purificava e illuminava mentre purificava se stessa. Così in realtà la Regina della Notte veniva svuotata dalle energie del suo regno e del suo antico potere e fra tuoni e fulmini cade nell' abisso dal quale non potrà più risalire.

Ma anche il regno virile di Sarastro è giunto alla fine con le sue catene, i suoi schiavi e la forza distruttiva del settemplice cerchio solare. Si apre una nuova età, nasce qualcosa che nessuno aveva mai conosciuto.

Se l'uomo e la donna si amano,
se la virtù e la giustizia sono sentiero alla nostra esistenza,
se la dolce calma scende nel nostro cuore,
allora " la terra è un regno celeste e i mortali sono pari agli Dei ".

Questo è quello che si propone Mozart, quello che esprime all' unisono la sua musica e la sua poesia. In fin dei conti la musica è l' arte in cui gli abissi dell' inconscio sono fusi misteriosamente con la creazione spirituale, l' arte dove si realizza la conjuctio fra maschile e femminile tanto cara a Jung. Non a caso sarà il flauto che con la sua musica magica permetterà ai due giovani di superare le prove iniziatiche.

La scala dei sentimenti propri della musica mozartiana che abbraccia tutto il mondo, trova nel Flauto Magico la sua espressione più alta. Il tono popolare e comico, la sensualità istintiva e la solennità sacrale di fronte alla morte si succedono e si alternano continuamente. Si può affermare che quando viene raggiunto il culmine in senso musicale e spirituale, immediatamente viene introdotto un moto inverso che impedisce alla liricità spirituale di diventare romantica e alla serietà solenne di diventare tragica.

Mozart da iniziato quale era passa tra il bianco e il nero del pavimento della Loggia sull' unico sentiero percorribile, quello del filo di unione.

La musica e la poesia del Flauto Magico portano all' ineffabile, ci appare ancora una volta quel lampo di luce che splendette per un attimo durante il crollo del Tempio di Salomone quando cadde il velo.

tratto da:
http://www.freemasons-freemasonry.com/flautom.html