1 Al mattino comincia col dire a te stesso: incontrerò un indiscreto, un ingrato, un prepotente, un impostore, un invidioso, un individualista. Il loro comportamento deriva ogni volta dall'ignoranza di ciò che è bene e ciò che è male. Quanto a me, poiché riflettendo sulla natura del bene e del male ho concluso che si tratta rispettivamente di ciò che è bello o brutto in senso morale, e, riflettendo sulla natura di chi sbaglia, ho concluso che si tratta di un mio parente, non perché derivi dallo stesso sangue o dallo stesso seme, ma in quanto compartecipe dell'intelletto e di una particella divina, ebbene, io non posso ricevere danno da nessuno di essi, perché nessuno potrà coinvolgermi in turpitudini, e nemmeno posso adirarmi con un parente né odiarlo. Infatti siamo nati per la collaborazione, come i piedi, le mani, le palpebre, i denti superiori e inferiori. Pertanto agire l'uno contro l'altro è contro natura: e adirarsi e respingere sdegnosamente qualcuno è agire contro di lui.
2 Qualunque cosa sia questo che sono, è infine carne, soffio vitale e principio dirigente. Getta via i libri, non ti far più distrarre: non è consentito. E invece, come se fossi a un passo dalla morte, disprezza la carne: coagulo di sangue, ossa, ordito intessuto di nervi, vene, intrico di arterie. Poi osserva anche quale sia la natura del tuo soffio vitale: vento, e neppure sempre lo stesso, ma un alito che, a ogni istante, viene emesso e riaspirato. Per terzo viene il principio dirigente. Qui rifletti: sei vecchio; non consentire più che questo principio sia schiavo, che come una marionetta sia manovrato da un impulso individualistico, che recrimini contro il destino presente o guardi con ansia quello futuro.
3 L'operato degli dèi è pieno di provvidenza, l'operato della fortuna non è estraneo alla natura oppure a una connessione e a un intreccio con gli eventi governati dalla provvidenza: tutto deriva di là. E va aggiunto anche che ogni cosa è necessaria e utile alla totalità del cosmo, di cui sei parte. Ma per ogni parte della natura è bene ciò che è prodotto dalla natura universale e ciò che contribuisce alla sua conservazione: e il cosmo è conservato sia dalle trasformazioni degli elementi, sia dalle trasformazioni dei composti. Ti bastino queste considerazioni, dal momento che si tratta di principî fondamentali: respingi invece la sete di libri, per poter morire non mormorando, ma veramente sereno e grato, dal profondo del cuore, agli dèi.
4 Ricorda da quanto tempo rinvii queste cose e quante volte, ricevuta una scadenza dagli dèi, non la metti a frutto. Devi finalmente comprendere quale sia il cosmo di cui sei parte, quale sia l'entità al governo del cosmo della quale tu costituisci un'emanazione, e che hai un limite circoscritto di tempo, un tempo che, se non ne approfitti per conquistare la serenità, andrà perduto, e andrai perduto anche tu, e non vi sarà un'altra possibilità.
5 Ad ogni istante pensa con fermezza, da Romano e maschio quale sei, a compiere ciò che hai per le mani con serietà scrupolosa e non fittizia, con amore, con libertà, con giustizia, e cerca di affrancarti da ogni altro pensiero. Te ne affrancherai compiendo ogni singola azione come fosse l'ultima della tua vita, lontano da ogni superficialità e da ogni avversione passionale alle scelte della ragione e da ogni finzione, egoismo e malcontento per la tua sorte. Vedi come sono poche le condizioni che uno deve assicurarsi per poter vivere una vita che scorra agevolmente e nel rispetto degli dèi: perché gli dèi non chiederanno nulla di più a chi osserva queste condizioni.
6 Offendi, offendi te stessa, anima mia: ma non avrai più l'occasione di renderti onore; [...] la vita per ciascuno: ma questa vita tu l'hai quasi portata a termine senza rispettare te stessa, riponendo invece la tua felicità nelle anime altrui.
7 Ti distraggono gli accidenti esterni? Procùrati il tempo di apprendere ancora qualcosa di buono e smetti di vagare senza meta. Anzi, devi guardarti anche dal secondo genere di smarrimento: infatti vaneggiano anche attraverso le loro azioni gli uomini stanchi della vita e senza un obiettivo al quale indirizzare ogni impulso e, insomma, ogni rappresentazione.
8 Difficilmente si vede qualcuno infelice perché non considera che cosa avvenga nell'anima di un altro; mentre chi non segue i moti della propria anima fatalmente è infelice.
9 Bisogna sempre tenere a mente questi punti: qual è la natura del tutto e quale la mia; in quale relazione questa sta con quella e quale parte è di quale intero; che nessuno può impedirti di agire e di esprimerti sempre in conformità alla natura di cui sei parte.
10 Nel valutare comparativamente le varie colpe, come si usa comunemente confrontarle, Teofrasto da vero filosofo afferma che sono più gravi quelle commesse per concupiscenza di quelle commesse per ira. L'individuo adirato, infatti, sembra voltare le spalle alla ragione in uno stato di sofferenza e di latente contrazione, mentre chi sbaglia per concupiscenza, vinto dal piacere, risulta in un certo senso più intemperante e femmineo nelle proprie mancanze. Quindi è corretta e filosoficamente apprezzabile l'opinione di Teofrasto secondo cui l'errore che si accompagna al piacere è soggetto a imputazione più grave di quello che si accompagna al dolore; in sintesi: nel primo caso l'individuo è assimilabile a chi ha patito un'ingiustizia e dalla sofferenza è stato inevitabilmente spinto all'ira, mentre nel secondo la persona ha tratto da se stessa l'impulso a commettere ingiustizia, lasciandosi trascinare ad agire per concupiscenza.
11 Fare, dire e pensare ogni singola cosa come chi sa che da un momento all'altro può uscire dalla vita. Ma congedarsi dagli uomini non è nulla di grave, se gli dèi esistono: non vorrebbero certo travolgerti nel male; e se, d'altra parte, o non esistono oppure non si curano delle cose umane, che mi importa di vivere in un mondo privo di dèi o privo di provvidenza? Ma non è così: esistono e si occupano delle cose umane e hanno attribuito all'uomo il pieno potere di non incorrere in quelli che sono veramente mali; quanto agli altri, se qualcuno di essi fosse davvero un male, gli dèi avrebbero anche provveduto a che tutti avessero la facoltà di evitarlo. Ma ciò che non rende peggiore l'uomo come potrebbe rendere peggiore la vita dell'uomo? La natura dell'universo non avrebbe mai trascurato queste cose per ignoranza e neppure perché, pur conoscendole, non potesse prevenirle o correggerle, né avrebbe compiuto, per impotenza o inettitudine, un simile errore, e cioè che bene e male toccassero in egual misura, indistintamente, agli uomini buoni e ai cattivi. La morte, appunto, e la vita, la fama e l'oscurità, il dolore e il piacere, la ricchezza e la povertà, tutte queste cose accadono in egual misura agli uomini buoni e ai cattivi, in quanto non sono moralmente belle né brutte. Non sono, quindi, né beni né mali.
12 Come tutto svanisce rapidamente: nel cosmo i corpi stessi, nell'eternità il loro ricordo; qual è la natura di tutte le cose sensibili e soprattutto di quelle che adescano con il piacere o spaventano per il dolore o hanno trovato risonanza nella vanità dell'uomo; come sono vili, spregevoli, sordide, corruttibili, morte... - tocca alla facoltà razionale soffermarsi su questi punti; che cosa sono costoro, la cui opinione e la cui voce dispensano fama e infamia; che cos'è la morte, e il fatto che, se uno la osserva in sé e per sé e attraverso un'analisi del concetto dissolve ciò che vi crea l'immaginazione, non la considererà più null'altro che un'opera della natura - e se uno teme un'opera della natura, è un bambino, e d'altronde questa non è solo un'opera della natura, ma anche un'opera utile alla natura stessa; come l'uomo si collega a dio, per quale sua parte e in quale disposizione deve essere questa parte dell'uomo perché giunga tale momento.
13 Nulla di più sventurato di chi percorre tutto in cerchio e, dice il poeta, «indaga le profondità della terra» e cerca di captare ciò che sta nell'anima del prossimo, senza accorgersi che basta dedicarsi esclusivamente al demone che ha dentro di sé e tributargli un culto sincero. E il culto che gli spetta consiste nel serbano puro dalla passione, dalla leggerezza e dallo scontento per ciò che viene dagli dèi e dagli uomini. Le cose che vengono dagli dèi, infatti, sono venerabili per la loro virtù, mentre quelle che vengono dagli uomini sono care per il nostro legame di parentela, e qualche volta sono anche, in certo modo, degne di pietà perché nascono dall'ignoranza del bene e del male - cecità, questa, non meno grave di quella che impedisce di distinguere il bianco dal nero.
14 Anche se tu dovessi vivere tremila anni e dieci volte altrettanto, in ogni caso ricorda che nessuno perde altra vita se non questa che sta vivendo, né vive altra vita se non questa che va perdendo. Pertanto la durata più lunga e la più breve coincidono. Infatti il presente è uguale per tutti e quindi ciò che si consuma è uguale e la perdita risulta, così, insignificante. Perché nessuno può perdere il passato né il futuro: come si può essere privati di quello che non si possiede? Ricordare sempre, quindi, questi due punti: il primo, che tutto, dall'eternità, è della medesima specie e ciclicamente ritorna, e non fa alcuna differenza se si vedranno le stesse cose nello spazio di cento o di duecento anni o nell'infinità del tempo; il secondo, che sia chi vive moltissimi anni sia chi dopo brevissimo tempo è già morto subiscono una perdita uguale. È solo il presente, infatti, ciò di cui possono essere privati, poiché è anche l'unica cosa che possiedono, e uno non perde quello che non ha.
15 Tutto è opinione. Sono evidenti, infatti, le parole rivolte a Monimo il Cinico; ed è evidente anche l'utilità di quelle parole, se uno ne accetta il succo nei limiti della loro veridicità.
16 L'anima dell'uomo offende se stessa soprattutto quando diviene, per quanto da essa dipende, un ascesso e come un'escrescenza del cosmo. Perché sentirsi in contrasto con qualcuno degli eventi è una defezione dalla natura, che include le singole nature di ciascuno degli altri esseri. In secondo luogo, l'anima offende se stessa quando respinge una persona o addirittura la contrasta con l'intenzione di danneggiarla, come fa l'anima di chi è in preda all'ira. In terzo luogo: quando si lascia vincere dal piacere o dal dolore. In quarto luogo: quando recita e fa o dice qualcosa fingendo o nascondendo la verità. In quinto luogo: quando non indirizza una sua azione o un suo impulso ad alcun obiettivo, ma fa cose qualsiasi, a caso e senza badarvi: mentre anche il più piccolo gesto deve avvenire in relazione al suo fine; e il fine degli esseri razionali è di seguire la ragione e la legge della città e dello Stato più venerabili.
17 Nella vita umana il tempo è un punto, la sostanza è fluida, la sensazione oscura, il composto dell'intero corpo è marcescibile, l'anima è un inquieto vagare, la sorte indecifrabile, la fama senza giudizio. Riassumendo: ogni fatto del corpo è un fiume, ogni fatto dell'anima sogno e inanità, la vita è guerra e soggiorno in terra straniera, la fama postuma è oblio. Quale può essere, allora, la nostra scorta? Una sola ed unica cosa: la filosofia. La sua essenza sta nel conservare il demone che è in noi inviolato e integro, superiore ai piaceri e ai dolori, in grado di non compiere nulla a caso né subdolamente e ipocritamente, di non aver bisogno che altri faccia o non faccia alcunché; ancora: disposto ad accettare gli avvenimenti e la sorte che gli tocca in quanto provengono di là (ovunque si trovi poi questo luogo) da dove anch'egli è giunto; soprattutto, pronto ad attendere la morte con mente serena, giudicandola null'altro che il dissolversi degli elementi di cui ciascun essere vivente è composto. Ora, se per gli elementi stessi non c'è nulla di temibile nel continuo trasformarsi di ciascuno in un altro, perché si dovrebbe temere la trasformazione e il dissolvimento del composto di tutti questi elementi? È conforme a natura, e nulla di quanto è conforme a natura è male.