giovedì 18 novembre 2010

Papà non piangere


Papà non piangere.
Non credere che non voglia rispondere. Lo sai come sono fatto. Mi interessa tutto e tante volte mi perdo nei miei pensieri.
Si, papà. Ho i miei pensieri. Magari sono diversi da quelli che puoi credere io possa fare ma ho tante cose che mi frullano nella mia testolina. Forse anche troppe.
Prima di tutto ti vorrei dire che ti voglio tanto bene e tu lo sai. E' inutile che tu faccia il "grand'uomo", il "duro" perché vedo come riesco a metterti con le spalle al muro solo con un mio sorriso, un mio avvicinare il mio viso al tuo, un mio abbraccio.

Non credere che io non soffra nel vedere che misuri il mondo in funzione di come sono. Papà non è giusto per me e soprattutto per te. Io vivo nel mio mondo ed è come guardare tutto quello che mi circonda come se non mi toccasse. Cerca di capire. Non è che non mi importa di quello che vedo ma mi sono rassegnato a non essere in grado di interagire con gli altri. Insomma penso che quelli sbagliati siete voi, non io!
Sono tante le cose che mi hanno spinto ad essere così.
Tutti quei signori con camice bianco in quei posti tristi con quel puzzo cattivo non hanno fatto altro che guardarmi come si guarda un animaletto da dietro una lente e non credere che non abbia visto o capito come mi giudicavano allo stesso modo. E io stavo ancora più male nel vederti trattenere le lacrime e la rabbia. Ma io urlavo dentro e quando sbattevo le cose era per comunicarti questo mio stato d'animo, il mio disagio verso il mondo. E rafforzavo la mia idea che era meglio starsene in disparte, volersi bene da solo.
Poi lo sguardo della gente. Quello mi fa male davvero.
Subito ti sorridono, ti riempiono di attenzioni e di tutte quelle frasi fatte così stupide circa somiglianze a questo o quel parente, alla mia supposta fattezza fisica ma poi quando realizzano che a me non può importar meno di loro, incominciano a diventare facce di marmo. L'espressione si irrigidisce, il sorriso sembra una virgola messa male in una frase e gli occhi diventano sfuggenti. Caso strano hanno sempre qualcosa di urgente ed importante da fare. Papà li ho visti batterti la mano sulla spalla ed allontanarsi velocemente, parlando fra di loro, guardando con compassione mista a sollievo per la sorte che non è toccata a loro.
Ma noi papà siamo più forti. Non dobbiamo abbatterci. Lo so che prima o poi o io o te riusciremo ad incontrarci.
Il mattino sono felice.
Mi sveglio e ti trovo vicino che mi guardi. Il tuo sguardo è interrogativo,adorante e malinconico. Mi piace essere guardato da te.
Capisco che anche se sono tutto per me tu vuoi far parte del mio mondo e a me non dispiace tutta la tua attenzione. Forse ne hai persino troppe di cure nei miei confronti. Se tu capissi come la penso io allora mi lasceresti i miei spazi, le mie abitudini. Sono il mio bozzolo, la mia corazza morbida di protezione verso il mondo anche se il mondo mi attira, mi stuzzica, mi incuriosisce. Ma la mia curiosità finisce quando vedo come siamo trattati. E dico siamo perché io sono quello che vengo trattato meglio fra noi due. Almeno a me viene risparmiato il falso pietismo che tu invece deve accettare con falsa riconoscenza. Perché lo capisco quando ti dicono delle cose che non ti piacciono e tu fai finta di essere quasi contento di queste parole di circostanza. I tuoi occhi sono strani, sembrano velati. Mi sembra quasi di vedere che la tua fronte si geli fino ai capelli e la bocca perda di espressione. Mi sembri uno di quei tanti pupazzi che da piccolo mi hanno regalato ed io ho messo regolarmente in fila per benino. Gli esperti dicono che è una nostra prerogativa, un nostro comportamento stereotipato quello di allineare gli oggetti. Io lo facevo solo perché mi sembrava più giusto non farli soffrire messi così male per terra o nel baule dei giocattoli. Adesso lo faccio perché mi diverto a convalidare le idee di persone che non si sono mai sforzate di andare oltre la facciata che voglio dare. Insomma. Volete che sia così! E io lo sono per Voi, solo per farvi capire quanto non mi capite. E tutti così messi in fila, quei bambocci penso siate voi .
Vedi papà quanto sono complicato. Ogni tanto non mi capisco nemmeno io. Sarà perché ti frego nella dieta. Quando posso il pane è una tentazione troppo forte e lo sai che se voglio un qualcosa trovo il sistema per ottenerla. A scuola i miei amichetti devono ancora capire chi è che li lascia a pancia vuota per l'intervallo! Ma scusa. Per loro sono incapace di fare certe cose e le maestre non hanno solo me da guardare. Mi arrangio anche se poi capisco da solo che ho sbagliato. Non per aver fatto quello che ho fatto (e non parliamo di furto!) ma perché poi mi sento bene che poi è male per te. Sono eccitato, mi arrivano delle scosse alla testa, mi sembra di volare, le mie mani e braccia non smettono di muoversi. E più chi mi sta intorno mi guarda più mi carico, mi esalto con tutta questa pazza energia che mi percorre tutto. Ma poi viene il brutto. Lo stomaco brontola, mi metto a fare puzze e divento triste e più sono triste più mi mancano i momenti belli che ho appena passato. Mi sento in colpa quando ti vedo darmi tutte quelle pillole e quelle gocce e penso a come non aspetto altro che il momento di mangiare di nascosto. Eppure, se proprio lo vuoi sapere, quelle cose che mi dai sento che mi aiutano in qualche modo. Sono più calmo o meglio mi sento più riflessivo. Le cose che vedo non sono più come la cassetta del VHS che mando avanti ed indietro a tutta velocità.Le cose arrivano calme, dirette dentro di me. Non mi aggrediscono come al solito negli occhi, nelle orecchie, nel cervello. Riesco a distinguere quello che mi interessa, riesco a compiere cose che di solito mi rifiuto di fare perché non mi sento in grado. Ma mi sento anche incompleto, a termine. Capisco che è un momento che finirà e tornerò nel mio mondo vorticoso. Ma quello, per il momento, è il mio universo, la mia casa sicura. Onestamente mi spavento di come cambio di condizione ma cerco anche di vivere al meglio questa situazione. Quando sono su di giri tante volte esagero così da ottenere attenzione e di seguito l'accettazione di questo mio agire. A scuola prima si preoccupavano, mi stavano vicino ma poi, visto che non mi facevo male e non ero altro che un "disturbo" di fondo per la classe, mi hanno lasciato fare ed io mi avviluppavo in me stesso, girando e roteando le braccia. Adesso lo sanno ed è tutto normale. La vita continua con me in un angolo a fare lo spettatore disinteressato. Mi basto da solo.
Com'è interessante la mia condizione. Ci sono ma mi sento trasparente. Ci sono per tutti ma sono come una cosa messa lì in mezzo alla vita di tutti e per me lo stesso. Mi sento come di poter attraversare l'esistenza di chi mi circonda, di mescolarmi senza trascinamenti, di rotolarmi nel mondo senza che questo mi si appiccichi addosso. Perché mi rotolo per terra papà? Adesso lo capisci?
Non riesco a dare e quello che ricevo, tante volte, non è quello che voglio. Quello che vedo non mi piace. Perché dovrei aprirmi per farmi invadere da cose che non voglio né avere né capire! Papà cerca di capire cosa provo.
Lo so che è difficile ma credo che tante volte tu sia connesso con i miei pensieri. Io ti guardo senza guardarti, ti oltrepasso senza dare l'impressione di averti visto ma tu riesci ad entrarmi dentro. Capisco i tuoi pensieri che sono tanti ed hanno tutti me come soggetto. Tante volte ti guardo quando mi volti le spalle e riesci sempre a girarti subito e mi sorridi complice per aver scoperto il mio gioco. E' bello vederti sorridere anche se sono troppo poche le occasioni per farlo. E poi quando sorridi mi fai felice perché penso che ci siamo parlati. A nostro modo, ma abbiamo parlato. Ma anche il nostro silenzio mi piace. Io e te a piedi, in macchina, in moto. Noi due soli. Il mondo dall'altra parte. Divisi ma uniti nel nostro silenzio. La terra scorre sotto di noi e ci basta uno sguardo per iniziare la nostra singolare discussione. Il tuo sguardo mi avvolge, mi invita a continuare questo gioco di battute sorde basate su un movimento sottile degli occhi.
E' bello quando ti guardo guidare la macchina ed io, accanto a te, mi sento ancora più vicino di quanto non lo siamo già. Se siamo in moto poi, il vento aggiunge frastorno alla mia mente. E rido felice per i miei pensieri sballottati e per la sensazione di solletico che ho su tutto il corpo. Tu mi guardi e sorridi, capisci che sono felice e i specchio nella tua gioia. Siamo felici così quando riusciamo a ritagliarci questi nostri piccoli spazi e possiamo correre in silenzio quasi noi fossimo fermi, spettatori di un mondo che non ci capisce e ci sfila tutto attorno. Perché il mondo non solo non capisce me ma anche tu hai tutti i tuoi problemi. Quando parli di me che sono il tuo solo argomento vedo come la gente è solo interessata per rispettosa convenienza e pura gentilezza. Tu hai il trasporto nelle tue parole, una voglia di far capire il perché della tua battaglia. Chi ascolta prega e benedice per essere stato risparmiato dalla prova che ci è toccata. Ma è un pensiero stupido. Tutti sanno cosa vuol dire anche la parola più semplice ed abusata come mamma o papà. Ma pochi sanno cosa vuol dire per te sentirla pronunciare quando mi scappa o ti seguo le labbra mentre continui il rosario di esercizi per me. Ti vedo. Sento la tua emozione farsi grande, i tuoi occhi si infiammano e poi si spengono inumiditi. Per te è come vedere che si sta aprendo una porticina che però presto si chiude. E tu fuori a bussare ed io sordo ad ogni richiesta continuo a guardarti interrogativo. Ma non lo faccio apposta. Sono troppe le cose che mi accadono e che non riesco a coordinare. Se la porta rimane chiusa mi sento più tranquillo, più sicuro. Non voglio isolarmi da te. Voglio proteggermi anche se è tanto il piacere di sentirti vicino

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