Associazione Marco Mascagna o.n.l.u.s.
I rifiuti
perché esiste un problema rifiuti
cosa si può fare per risolverlo.
Con il patrocinio e il contributo della Provincia di Napoli
Perché esiste un problema rifiuti
Il
problema dei rifiuti in Italia e soprattutto in Campania ha assunto
negli ultimi anni proporzioni tali da diventare drammatico, non solo dal
punto di vista ecologico e sanitario ma anche delle tensioni sociale.
In particolare le scelte fatte dal Commissariato Straordinario in
Campania (istituito nel 1995 per risolvere “rapidamente” l’emergenza
rifiuti) hanno dilapidato miliardi di euro aggravando il problema.
Si è scelto di puntare soprattutto su grandi inceneritori
dove bruciare la gran parte dei rifiuti prodotti in Campania; si è
affidato l’intero ciclo dei rifiuti ad una società (la FIBE del gruppo
Impregillo, lo stesso che ha avuto affidata la costruzione del Ponte
sullo Stretto di Messina) che ha operato pessimamente; con la
motivazione dell’emergenza e dell’urgenza si sono sversati milioni di tonnellate di rifiuti in discariche reperite al di fuori di qualsiasi logica pianificatoria
e che talvolta non avevano le dovute caratteristiche che ne
garantiscono la sicurezza (anche perché il Commissariato può agire non
rispettando molte delle normative esistenti); si sono assunti centinaia di lavoratori su base clientelare senza poi adibirli a nessun lavoro; non si è fatto niente per ridurre la produzione dei rifiuti e quasi niente per la raccolta differenziata (che secondo la legge doveva superare il 35% entro il 2006, mentre è ancora ferma al 7-8%); non si sono costruiti impianti di compostaggio
per fare concime dai rifiuti organici e quei pochi costruiti non sono
stati messi in grado di operare (alcuni non sono mai stati aperti); non ci si è guadagnata la fiducia delle popolazioni,
che si sono così opposte a qualsiasi impianto, fosse esso “buono” o
“cattivo”, e che hanno collaborato in maniera molto tiepida ai piccoli, e
spesso maldestri, sistemi di raccolta differenziata, con la convinzione
che “in una situazione allo sfascio come questa che senso ha
preoccuparsi di fare la raccolta differenziata?”.
Sono in particolare inquietanti i seguenti fatti, sui quali sono in corso indagini giudiziarie per accertare le responsabilità:
- la FIBE ha vinto la gara per la costruzione dell’inceneritore di Acerra e la gestione dello smaltimento dei rifiuti sulla base del criterio dell’offerta più economica,
malgrado la legge indichi che deve essere preminente il criterio della
scelta delle tecnologie meno inquinanti: gli inceneritori proposti dalla
FIBE sono di vecchia tecnologia e quindi particolarmente inquinanti;
- gli impianti che separano la frazione bruciabile dei rifiuti – il cdr (combustibile da rifiuto) – da quella organica e inerte, invece di produrre cdr, hanno prodotto milioni di ecoballe, che non presentano le caratteristiche del cdr
e che – quindi – non possono essere bruciate e di cui non si sa bene
che fare (in discarica non possono andare e bruciarle non si può, per
cui dovrebbero essere ritrattate in un impianto di produzione del cdr
con costi enormi ed esiti incerti). Inoltre la frazione organica non è a norma
(perché non è “stabilizzata” come si deve) e quindi la sua collocazione
in discarica determina problemi molto simili a quelli dello smaltimento
dei rifiuti indifferenziati, come il cattivo odore e la formazione di percolato (il liquame tossico che si forma dai rifiuti).
- gli impianti di stoccaggio, quelli cioè dove sono raccolti in maniera non definitiva il cdr o rifiuti non putrescibili, hanno raccolto tali ecoballe, trasformandosi così in discariche, pur non avendo le caratteristiche che devono avere le discariche per minimizzare l’impatto ambientale e sanitario.
Queste sono le ragioni per cui per cui le strade sono così spesso invase dall’immondizia: semplicemente perché non è stato organizzato un sistema di riduzione, gestione e smaltimento dei rifiuti
degno di questo nome (e rispettoso delle indicazioni di legge) e si è
in perenne stato di emergenza (la qual cosa ovviamente favorisce
sprechi, illegalità, infiltrazioni camorristiche ecc.). In questa
situazione basta che la Magistratura, al fine di svolgere indagini
giudiziarie o impedire reati, sequestri un impianto cdr o una discarica o
un sito di stoccaggio e subito non si sa più dove mettere i rifiuti,
che quindi rimangono per strada; basta che un qualsiasi impianto di
smaltimento abbia un problema tecnico e i rifiuti destinati a
quell’impianto rimangono per strada, mancando altri impianti disponibili
ad accoglierli. Questa è anche la ragione per cui i cittadini campani pagano una tassa sui rifiuti molto più alta di quelli delle altre regioni. Infatti se
i rifiuti sono raccolti in maniera differenziata e poi venduti ai
consorzi per il riciclaggio, entrano soldi nelle casse comunali (oltre a godere di incentivi pubblici), se invece si conferiscono in discarica o ad un inceneritore si deve paga il gestore della discarica o dell’inceneritore.
Inoltre, come abbiamo detto, questo sistema ha portato ad un enorme
aumento della spesa (consulenze profumatamente pagate, centinaia di
assunzioni clientelari ecc.)
I rifiuti sono pericolosi?
Può
sembrare una domanda banale chiedere se i rifiuti sono pericolosi, ma
non lo è affatto. Infatti non è facile rispondere a questa domanda,
perché bisogna specificare: “pericolosi per chi?”, “quali rifiuti?”,
“smaltiti come?”.
Per l’uomo e per l’ambiente sono pericolosi soprattutto i rifiuti industriali,
perché molti di questi contengono sostanze chimiche ad azione tossica,
cancerogena, teratogena (capace cioè di produrre anomalie nell’embrione e
nel feto). Per tale motivo la legge definisce questi “rifiuti pericolosi”,
stabilendo che devono essere smaltiti secondo particolari procedure per
impedire o minimizzare il rischio di effetti negativi sull’uomo e
sull’ambiente (alcuni devono essere distrutti con il calore, altri in
siti con particolari requisiti, altri devono essere raffinati e
riciclati ecc.). Alcuni rifiuti pericolosi sono presenti anche nelle
nostre case: pile, farmaci scaduti, cartucce delle stampanti, vernici, solventi
(es. acqua ragia, trielina) ecc. Una singola pila, per esempio,
contiene circa un grammo di mercurio, quantità più che sufficiente per
inquinare 1.000 litri di acqua. Per tali motivi questi rifiuti devono
essere smaltiti con molta attenzione.
I rifiuti urbani
(la spazzatura) possono essere pericolosi perché contengono sostanze
putrescibili (la cosiddetta “frazione umida”, formata da residui di
alimenti, carta ecc.), che possono favorire il proliferare di germi patogeni o dei cosiddetti “vettori di malattie”, cioè quegli animali, come scarafaggi, mosche, topi, ratti, ecc. che possono trasportare microbi patogeni, facendoli venire a contatto con l’uomo. Tale
rischio, rispetto ad altri (es. la diossina prodotta dall’incendio dei
cassonetti), non è così alto come comunemente si crede.
La frazione umida, decomponendosi, può dare anche origine ad un liquame ricco di composti tossici (il percolato) con possibilità di inquinamento del suolo,
delle falde acquifere e dei corsi d’acqua. Per tale motivo le
discariche di rifiuti devono essere costruite in siti idonei (argillosi o
senza falde nelle vicinanze), devono avere uno o due strati di
impermeabilizzazione e una rete di drenaggio con impianto di depurazione
del percolato. La legge oggi vieta lo smaltimento in discarica della
frazione umida.
La
frazione secca dei rifiuti (plastiche, metalli, inerti) non è
pericolosa per la salute, ma può esserlo per l’ambiente (es. le
tartarughe marine possono morire mangiando le buste di plastica
scambiate per meduse). Inoltre nei lunghi tempi di degradazione possono
essere rilasciate nell’ambiente sostanze tossiche o cancerogene (es.
metalli pesanti),con le quali poi l’uomo (oppure altri animali, piante,
microrganismi) può venire a contatto.
La combustione dei rifiuti è pericolosa
perché nei fumi sono rilasciate molte sostanze nocive, capaci di
provocare e/o favorire il cancro, le malattie cardiovascolari (infarto,
ictus ecc.), l’aborto, le malformazioni, le malattie genetiche, ecc..
Inoltre i fumi inquinano l’aria con danni agli ecosistemi, anche di tipo
globale (effetto serra, piogge acide, buco dell’ozono ecc.).
Insomma
i rifiuti non sono solo poco piacevoli a vedersi e causa di cattivi
odori, essi, se non smaltiti correttamente, possono causare malattie
anche gravi e creare danni seri all’ambiente. Anche per questo bisogna
cercare di produrre la minore quantitá possibile di rifiuti.
Quanto tempo occorre perché la natura degradi i rifiuti
Fazzolettini di carta: 3 mesi
Sigarette con filtro: da 1 a 2 anni
Torsolo di mela: 3 mesi
Fiammiferi: 6 mesi
Giornali e riviste: se sminuzzati circa tre mesi, se accatastati più di 10 anni
Gomme da masticare: 5 anni
Lattine in alluminio per bibite: da 10 a 100 anni
Plastiche in genere: da 100 a 1000 anni
Polistirolo: oltre 1000 anni
Schede telefoniche, carte di credito e simili: oltre 1000 anni
Vetro: oltre 4000 anni
Lo smaltimento dei rifiuti
La parola smaltimento
reca in sé l’idea che i rifiuti sono privi di valore e che quindi
bisogna solo cercare di disfarsene nella maniera più sicura, più
semplice, meno costosa. I principali sistemi di smaltimento sono le
discariche e gli inceneritori.
Le discariche
La
discarica tecnicamente non è altro che un enorme fosso ottenuto
mediante escavazione di un suolo (preferibilmente argilloso e quindi
impermeabile) dove si andranno a sversare i rifiuti fino al riempimento
della stessa.
L’acqua
piovana che passa attraverso i rifiuti trascina con sé sostanze
organiche ed inorganiche dei rifiuti; la decomposizione della frazione
organica produce anch’essa un liquido ricco di batteri. Tali liquami
sono denominati complessivamente percolato. Questo, se
la discarica non è costruita e gestita come si deve, può inquinare i
corsi d’acqua o le falde acquifere. Le nuove discariche sono realizzate
predisponendo uno strato (o anche due) impermeabile sul fondo ed un
sistema di drenaggio del percolato, che viene raccolto ed inviato ad
impianti per la depurazione.
Le discariche producono anche del biogas
(prevalentemente formato da metano, anidride carbonica ecc.), che
dovrebbe essere captato sia in fase di riempimento della discarica, sia
dopo la sua dismissione. Questo biogas può essere utilizzato per
produrre energia elettrica tramite la sua combustione.
Le discariche, quindi, sono dei veri e propri impianti per la degradazione e il confinamento definitivo dei rifiuti.
Tutt’altra
cosa sono le discariche abusive, abbondanti nel nostro Paese e
particolarmente in Campania. Queste non sono dotate di nessun sistema di
impermeabilizzazione, captazione del percolato e del biogas e spesso
sono situate in posti assolutamente non idonei a ospitare una discarica,
per di più la maggioranza delle volte raccolgono anche rifiuti
pericolosi, che dovrebbero essere smaltiti in tutt’altro modo.
Gli inceneritori
Gli inceneritori oggi vengono definiti “termovalorizzatori”
perché i nuovi impianti sono progettati con l’obiettivo di produrre
energia elettrica utilizzando il calore derivante dalla combustione dei
rifiuti.
L’inceneritore comunica un’illusione: i rifiuti vi entrano e, come d’incanto, scompaiono. Purtroppo non è così: ne cambia solamente la composizione chimica e, al limite, lo stato fisico (gas, liquido, solido), perché in natura “nulla si crea e nulla si distrugge: tutto si trasforma”.
I
rendimenti energetici e le emissioni dipendono dalla tipologia
dell’impianto (forni a tamburo rotante, a griglia, a letto fluido,
ecc.), dai rifiuti che vi si bruciano e dalla gestione dell’impianto. Le
plastiche, la carta, il legno sono le sostanze che bruciano meglio,
mentre la frazione umida brucia con difficoltà, quella inerte (sabbia,
pietre, porcellana ecc.) non brucia e i metalli, fondendo, possono
creare problemi all’impianto. Per tale motivo all’inceneritore
deve andare solo il cosiddetto combustibile da rifiuto (cdr) che viene
prodotto in impianti (detti impianti di deselezione o di produzione di
cdr) che allontanano dai rifiuti le componenti non idonee all’incenerimento (residui alimentari, materiali inerti, metalli ecc.). Per avere una maggiore efficienza dell’impianto di deselezione si deve raccogliere in maniera differenziata il secco dall’umido e inviare all’impianto solo la frazione secca dei rifiuti.
Poiché
le sostanze che bruciano meglio sono la plastica, la carta e il legno,
che sono anche prodotti che possono essere convenientemente riciclati,
si comprende come gli inceneritori finiscano per fare concorrenza al riciclaggio,
più conveniente. anche dal punto di vista del recupero energetico.
Infatti producendo la plastica dai prodotti plastici raccolti nelle
campane, anziché dal petrolio, si risparmiano circa 10.000 calorie per
ogni Kg di plastica prodotta, mentre bruciando 1 Kg di plastica in un
inceneritore si produce meno della metà di energia.
Gli inceneritori producono vari tipi di rifiuti: fumo, ceneri, fanghi.
Il
fumo di un inceneritore è formato da numerosissime sostanze (dipendendo
dalla grande varietà di materiali che sono presenti nei rifiuti): le
principali sono gli ossidi di carbonio (CO2 e CO), gli ossidi di azoto
(NOx), gli ossidi di zolfo, i composti organici volatili (detti C.O.V.,
come il benzopirene, il benzene, idrocarburi ecc.), particelle (il
particolato o polveri, che sono distinte in PM10 se di diametro
inferiore a 10 micron, PM2,5 se di diametro inferiore a 2,5 micron),
ossidi di metalli, ossidi di calcio e magnesio, metalli pesanti,
diossine, furani, ecc.. Molte di queste sostanze sono pericolose per la salute poiché
causano infiammazioni (ossidi di azoto e di zolfo ecc.), cancri
(C.O.V., diossine, metalli pesanti ecc.), malformazioni (C.O.V.,
diossine ecc.), intossicazioni (CO, diossine, metalli ecc.). Le medesime
sostanze hanno anche effetti negativi sugli ecosistemi, per esempio la
CO2 è uno dei principali gas responsabile dell’effetto serra (bruciare una tonnellata di rifiuti produce 3 tonnellate di CO2), gli ossidi di azoto e di zolfo sono responsabili delle piogge acide ecc.
Le ceneri e i fanghi (questi ultimi originano soprattutto dai meccanismi di depurazione dei fumi) contengono anch’essi sostanze pericolose, per cui devono essere smaltiti in discariche di tipo speciale,
oppure essere ulteriormente trattati per renderli meno pericolosi ed
eventualmente utilizzabili (ovviamenteciò richiede consumo di energia). Bruciando una tonnellata di rifiuti si producono circa 300 Kg di ceneri, fanghi e altre scorie.
Le diossine
Il
termine “diossina” indica una famiglia di composti chimici solubili nei
grassi (nei quali quindi tendono ad accumularsi), cancerogeni e tossici
anche a dosi infinitesimali, per cui la dose massima ammessa
dall’Organizzazione Mondiale della Sanità è di 1,4 picogrammi per chilo
di peso corporeo (1 picogrammo è 1 miliardesimo di milligrammo).
Simili alle diossine sono i furani.
Diossine
e furani si formano durante i processi di combustione (tra 180° e 400°
C). Queste temperature si raggiungono quando si bruciano i cassonetti o i
cumuli di rifiuti. La temperatura degli inceneritori viene mantenuta
sugli 800-900° C per minimizzare le quantità di diossina e furani
prodotte. Ma non in tutte le zone dell’inceneritore la temperatura è
così elevata, inoltre la presenza di rifiuti poco “bruciabili” o la
cattiva gestione dell’impianto può far abbassare la temperatura,
aumentando cosí la produzione di questi composti. Il territorio della
provincia di Napoli e di Caserta è abbastanza inquinato da diossine, in
gran parte provenienti dalla combustione dei cumuli di spazzatura e di
rifiuti industriali smaltiti illegalmente dalla camorra.
La
normativa europea prescrive che in ogni metro cubo di fumi emesso da un
termovalorizzatore non ci possano essere più di 100 picogrammi di
diossine. Fissare limiti alla concentrazione di diossina per metro cubo
d’aria non ha gran senso. L’importante infatti non è la concentrazione
per metro cubo di fumi ma la quantità totale che viene emessa (al giorno
o per tonnellata di rifiuti bruciata) e soprattutto la quantità che si
deposita a terra. La diossina, infatti, arriva all’uomo tramite gli
alimenti. Come abbiamo detto essa si accumula nelle sostanze grasse:
così dal terreno viene assorbita nelle piante e si accumula in queste,
gli animali mangiano le piante e si accumula nelle loro parti grasse e
l’uomo la ingerisce mangiando formaggi, carne, latte, uova, olio ecc.
Lungo questo percorso la diossina può anche concentrarsi migliaia di
volte. Per questo la normativa di altri Paesi (es. il Giappone)
prescrive il quantitativo massimo di diossine emesse in un giorno oppure
il quantitativo massimo di diossine rilasciate per Kg di rifiuti
bruciati oppure il limite massimo di deposizione a terra. Se l’Italia adottasse la legislazione giapponese molti dei nostri termovalorizzatori sarebbero fuori norma.
È
interessante notare che il limite di 100 picogrammi per metro cubo di
fumi è stato stabilito dall’Unione Europea nel 1989 e che in quegli
stessi anni l’Organizzazione Mondiale della Sanità stabiliva una dose
tollerabile di 10 picogrammi/Kg di peso corporeo. Poi ci sono stati vari
studi che hanno dimostrato la tossicità e la cancerogenicità delle
diossine anche a dosi più basse, cosicché l’OMS nel 1998 ha ridotto la
dose tollerabile a 1,4 picogrammi/kg, ma l’UE ha mantenuto il limite di
100 picogrammi. Perché? Perché una riduzione dei limiti avrebbe
determinato che molti degli inceneritori costruiti o in costruzione non
avrebbero potuto più funzionare.
Cosa si dovrebbe fare
Per
risolvere il problema dei rifiuti basterebbe applicare la legge quadro
sui rifiuti (“decreto Ronchi”). Esso indica infatti che il problema dei
rifiuti solidi deve essere affrontato con i seguenti principali
interventi: 1) riduzione della produzione, 2) riuso, 3) riciclaggio, 4) altre forme di recupero di materia prima dai rifiuti.
Tale legge dà un posto del tutto marginale all’incenerimento. Infatti
viene precisato che “il riutilizzo, il riciclaggio e il recupero di
materia prima devono essere considerati preferibili rispetto”
all’incenerimento con recupero di energia.
1) Ridurre i rifiuti
Ridurre
la produzione dei rifiuti è la prima cosa da fare, sia a livello
personale che politico. La normativa europea e nazionale lo indica come
il primo degli obiettivi da raggiungere: malgrado ciò si è fatto
pochissimo (come è dimostrato dall’aumento in peso e in volume dei
rifiuti).
Molte aziende (in gran parte straniere) hanno compreso che produrre meno rifiuti spesso significa risparmiare molti soldi,
perché generare meno rifiuti significa sia che il processo produttivo è
più efficiente, sia che i costi di smaltimento dei rifiuti si riducono.
Stato
e Regioni possono legiferare vietando o tassando gli imballaggi
eccessivi, i vuoti a perdere, i prodotti usa e getta, i prodotti più
difficili da smaltire ecc. Si possono anche dare incentivi a quelle
imprese che rivedono i loro cicli produttivi per ridurre i rifiuti o che
utilizzano il sistema dei contenitori a rendere o incentivare quegli
esercizi commerciali che utilizzano metodologie di vendita alla spina
(per bevande, detersivi ecc.) o prodotti sfusi.
I componenti dei rifiuti urbani
residui alimentari30%
carta e cartone23%
plastica 11%
vetro6%
stracci4%
potature4%
metalli3%
legno2%
inerti1%
sottovaglio *9%
altro 7%
* polveri e materiale sbriciolato di dimensioni inferiori ai 2 cm.
2) Fare la raccolta differenziata
La
raccolta differenziata è il presupposto non solo del riciclaggio, ma
anche della possibilità di smaltire i rifiuti negli inceneritori o in
discarica: la
frazione umida (residui alimentari e della potatura), infatti, non è
combustibile ed è pericoloso smaltirla in discarica per via degli odori
sgradevoli, del percolato, della moltiplicazione di insetti e animali.
Quindi non si può risolvere il problema rifiuti senza fare la raccolta differenziata.
Non solo, ma più è completa e selettiva la raccolta differenziata e più
i rifiuti, invece di essere un problema da risolvere con costi elevati e
rischi per la salute e l’ambiente, diventano una risorsa che può fare
guadagnare e, quindi, ridurre fin quasi allo zero la tassa sui rifiuti.
Per la raccolta differenziata si possono utilizzare:
-
contenitori familiari (ogni famiglia ha i suoi contenitori per carta,
umido, plastica, indifferenziato) e i rifiuti sono raccolti con il
sistema porta a porta;
- contenitori condominiali (ogni palazzo ha i suoi contenitori per carta, umido, plastica, vetro e indifferenziato);
- campane e altri contenitori in strada;
-
centri di conferimento (le cosiddette “isole ecologiche”), cioè posti
nei quali si possono portare rifiuti pericolosi, oli, lampadine,
apparecchi elettronici, mobili ecc., che vengono così stoccati per brevi
periodi e quindi riciclati o opportunamente smaltiti.
I
primi due sistemi presentano il vantaggio di consentire il pagamento
della “tassa dei rifiuti” in proporzione al quantitativo di rifiuto
indifferenziato consegnato e in maniera inversamente proporzionale al
quantitativo di monomateriale raccolto. Anche per le isole ecologiche si possono prevedere dei “benefit” per chi consegna i rifiuti.
Le
città che hanno adottato il sistema porta a porta e quello
condominiale, integrato con le isole ecologiche, hanno raggiunto
percentuali molto elevate di raccolta differenziata con buona
selettività dei materiali.
3) Riciclare i rifiuti
Ogni
tonnellata di carta raccolta in maniera differenziata e riciclata
consente un risparmio di 14 alberi di alto fusto, circa 350 tonnellate
di acqua e 250 Kg di petrolio.
Ogni tonnellata di alluminio riciclato consente un risparmio di 4
tonnellate di bauxite (minerale da cui è ricavato l’alluminio e che è
sempre più raro) e 4,8 tonnellate di petrolio. Ogni tonnellata di vetro
riciclato fa risparmiare 200 Kg di petrolio, 700 Kg di sabbia, 150 Kg di
soda, 150 Kg di dolomite. Questi pochi dati fanno comprendere che il
riciclaggio è la maniera più conveniente di utilizzare i rifiuti, sia
dal punto di vista economico, che energetico ed ambientale.
Tra
i rifiuti che possono essere riciclati vi sono la carta e i cartoni, la
plastica (PET, PVC, PE, ma non il polistirolo), l’alluminio (lattine,
bombolette spray, fogli, vaschette per contenere alimenti), il ferro, il
vetro, il cuoio, gli oli minerali e vegetali (che vengono purificati
per poi essere riutilizzati come lubrificanti), il legno (mobili,
cassette ecc. che sono sminuzzati per fare truciolato), i pneumatici, i
toner (che possono essere ricaricati innumerevoli volte). Non possono
essere riciclati invece la carta accoppiata con plastica o alluminio
(buste di tetrapack, sacchetti per alimenti) e alcuni tipi di plastica
(polistirolo, PP), che pertanto dovrebbero essere eliminati dal
commercio o fortemente tassati. Tra l’altro già oggi esistono valide
alternative a questi materiali, come il “polistirolo di patate”, meno
costoso di quello indistruttibile derivato dal petrolio (ed è anche un
brevetto italiano).
Anche le aziende dovrebbero riciclare
di più, per cui sarebbe opportuno indirizzarle in tal senso con
indicazioni, normative, tasse e incentivi. La Xerox Corporation, ad
esempio, ricicla il 95% delle proprie fotocopiatrici, risparmiando ogni
anno circa 80 milioni di dollari.
4) Il compostaggio
Il compostaggio è il processo che trasforma i rifiuti organici (cioè la frazione umida) in concime (detto “compost”) in presenza di aria (eventualmente arricchita di ossigeno). Il compost si presenta come un terriccio ricco di sostanze organiche ed in agricoltura ha vari effetti
positivi: rende il terreno meno sciolto e quindi meno soggetto alla
dispersione e al dilavamento, trattiene acqua, consentendo così
irrigazioni meno frequenti, arricchisce il terreno in microorganismi e
in materia organica, che può essere così trasformata gradualmente nei
composti azotati, fosfatici e in altre sostanze indispensabili alle
piante per crescere e fruttificare.
Quanto
migliore è la qualità del rifiuto organico (ossia quanto maggiore è il
suo grado di purezza) tanto migliore sarà il compost. Per questo la raccolta differenziata dell’umido è essenziale per produrre un buon compost., che è molto richiesto in agricoltura,
mentre quello di scarsa qualità è meno richiesto e può essere
utilizzato solo nei giardini e in florovivaistica. Il compost di qualità
più scadente può essere utilizzato solo per la bonifica di cave e siti
inquinati.
Il
compost può essere prodotto anche a casa, utilizzando dei grossi vasi o
dei contenitori ad hoc, dove si mette terra alternata a sottili strati
di rifiuti, mantenendo il
tutto sempre umido. Il tempo occorrente in questo caso va dai 3 mesi in
estate agli 8 mesi nelle altre stagioni. Il tempo occorrente per la
produzione industriale del compost da rifiuti è di circa 2-4 mesi.
5) Bonificare i siti inquinati
Lo
smaltimento illegale di milioni di tonnellate di rifiuti pericolosi e
la cattiva gestione dei rifiuti solidi urbani ha determinato
l’inquinamento di numerose aree della nostra Regione. Le sostanze
inquinanti presenti in queste aree possono per vie lunghe e complesse
arrivare fino nelle nostre case. Infatti esse possono essere assorbite
dalle piante e concentrarsi a seconda della sostanza e della pianta nei
frutti, nelle foglie, nelle radici e arrivare così, concentrati anche
migliaia di volte, sulle nostre mense. Oppure le piante possono essere
mangiate dagli animali e le sostanze inquinanti essere concentrate nella
carne o nel latte degli animali e di nuovo arrivare sulle nostre mense.
Oppure ancora tali sostanze possono arrivare ai corsi d’acqua o
penetrare nelle falde idriche e di nuovo giungere a noi con l’acqua che
usiamo per lavarci o bere. Per tali motivi è importante che i siti
inquinati che presentano tali rischi siano individuati, posti sotto
controllo (per impedire che vi si coltivino prodotti alimentari) ed
eventualmente bonificati.
La
strategia che abbiamo illustrato è quella in linea con le direttive
nazionali ed europee ed è effettivamente seguita in altri Paesi: in Austria il 64% dei rifiuti è riciclato, il 23% va in discarica e solo il 13% viene bruciato
(si sta anche pensando di chiudere il famoso inceneritore di Vienna);
in Germania il 71% è riciclato, il 14% va in discarica e il 16% è
incenerito (fonte: European Topic Centre on Resource and Waste Management 2005). Anche alcune regioni del Nord e centro Italia si stanno incamminando su questa strada: in Veneto, per esempio, la raccolta differenziata è intorno al 50% e solo l´8% dei rifiuti è incenerito. Vi sono poi città che riciclano la grande maggioranza dei rifiuti, perfino nella nostra Regione: a Montecorvino (11.000 abitanti), per esempio, si ricicla quasi l’80% dei rifiuti.
E’
necessario però che amministratori e cittadini si impegnno entrambi per
raggiungere questo obiettivo. Purtroppo i nostri amministratori non
hanno mai puntato sulla riduzione della produzione dei rifiuti, sulla
raccolta differenziata e sul riciclaggio con la scusa che “Al
Sud i cittadini non hanno senso civico”. E spesso i cittadini hanno
avvalorato questo alibi pensando: “Che senso ha fare la raccolta
differenziata in una situazione allo sfascio come la nostra?”. E’
necessario invece rompere questo circolo vizioso e che ciascuno venga
messo di fronte alle sue responsabilità.
Per
fortuna le associazioni ambientaliste, le associazioni degli
agricoltori e numerosi altri soggetti sono riusciti a porre
all’attenzione dell’opinione pubblica e della magistratura la gravissima
situazione della Campania. Si è creato così un vasto movimento di
protesta contro questo modo di gestire il problema rifiuti chiedendo il
rispetto delle indicazioni della normativa sui rifiuti (ridurre,
riusare, riciclare).
Cosa può fare ognuno di noi
- Diffondere queste informazioni e discuterne con amici, parenti, colleghi.
- Sostenere le organizzazioni ambientaliste che si battono per una gestione dei rifiuti basata su riduzione, riuso e riciclaggio.
- Fare pressione su Comune, Provincia e Regione perché incentivi la riduzione, il riuso e il riciclaggio dei rifiuti.
- Fare pressione su supermercati e altri esercizi commerciali perché riducano gli imballaggi e adottino sistemi di vendita “alla spina” (almeno per detersivi, saponi, shampo ecc.).
- Fare pressione sul proprio datore di lavoro perché siano riciclati i rifiuti e perché nella mensa si utilizzino bevande alla spina, come avviene in molte aziende europee e del Nord Italia.
- Fare scrupolosamente la raccolta differenziata.
- Non comprare o comprare il meno possibile prodotti usa e getta
o confezionati in imballaggi e contenitori di difficile smaltimento
(polistirolo, propilene, tetrapack in accoppiata carta/plastica,
carta/alluminio,ecc.).
- Preferire i contenitori con il vuoto a rendere e i prodotti sfusi.
- Non bere acqua in bottiglia ma solo acqua di rubinetto, che è anche più controllata dal punto di vista sanitario e molto più economica.
- Comprare e preparare solo la quantità di cibo che sarà effettivamente mangiata (così si risparmiano anche centinaia di euro ogni anno).
- Utilizzare batterie ricaricabili.
- Comprare prodotti di migliore qualità e che durino più a lungo (il costo finisce per essere ripagato dalla maggiore durata).
- Non farsi prendere dalla “malattia del comprare”: prima di ogni acquisto chiedersi “Ne ho proprio bisogno? Ne posso fare a meno? Quante volte lo utilizzerò?”
e ricordarsi che non sono le merci che ci rendono felici ma gli amici,
il tempo libero, una passeggiata ecc.: tutte cose che non costano niente
e che non producono rifiuti.
a cura di
-Pio Russo Krauss: responsabile del Centro di Documentazione e Ricerca sull’Ambiente e la Salute ASL Napoli 1
-Alessandro Gatto: responsabile Settore Rifiuti WWF Campania
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8 luglio 2007 alle 14:05 Sono da anni interessata alla questione dei rifiuti ed è inutile dire da quanti anni e con che difficoltà faccio la raccolta differenziata.sono molto grata per questo chiarimento in poche parole sul ciclo di smaltimento dei rifiuti.lo diffonderò il più possibile
6 gennaio 2011 alle 20:16 Ma perche non vogliono le discariche?
noi a Torino possiamo e voi no?
14 febbraio 2011 alle 16:41 Volevo rallegrarmi con voi per il bellissimo articolo che certamente andrò ad includere con il vostro link ed i vori riferimenti, sul sito sopra indicato. Il linguaggio usato, la chiarezza dell’esposizione,l’importanza degli argomenti trattati sono degni di mera lode.
Certamente se in talia la popolazione prendesse in considerazione la possibilità di considerare i rifiuti come un qualche cosa di loro proprietà e non come qualcosa di cui ci si deve liberare di nascosto ed iniziassero ad avere piena consapevolezza di quanto singolarmente producono in KG ,forse inizierebbero a capire che tanta spazzatura si potrebbe dimezare con l’ausilio della sola buona volontà .Sarebbe saggio iniziare a porsi una semplice domanda:
cosa vogliamo lasciare in eredità ai nostri figli/nipoti? Saremmo lieti se fosse possibile creare un rapporto di collaborazione con voi con il solo obiet
6 marzo 2012 alle 18:36 volevo fare una domanda, probabilmente stupida… ma ho un vuoto! dove si puo smaltire il polistirolo e polistirene e poliuretano e materiale catramato? esistono discariche in italia? c’e un elenco?
22 settembre 2012 alle 13:39 salve,vorrei denunciare una ditta nella provincia di milano inquanto smaltisce sostanze tossiche altamente inquinanti nelle fogne come acidi(soda caustica),olii dismessi e altri materiali derivanti da essi.dove posso rivolgermi?attendo risposta grazie
23 settembre 2012 alle 07:54 si rivolga alla polizia o ai carabinieri…