Il mistero dei SAVANT
Kim Peek aveva capacità “paranormali” (morto nel 2009).
Legge un libro in circa un’ora e ne ricorda parola per parola: finora ha memorizzato circa 12.000 libri. Inoltre è in grado di svolgere calcoli complessi con sorprendente rapidità e di scomporre anche numeri altissimi in numeri primi. Ma Kim-puter, come lo chiamano gli amici, non ha mai imparato ad abbottonarsi la camicia o ad allacciarsi le scarpe e, all’età di 57 anni, è ancora accudito dal padre.
Kim Peek è probabilmente il più noto tra i cosiddetti “savant”, individui che, accanto ad alcune capacità sviluppatissime, hanno in genere abilità mentali inferiori alla norma (e infatti in passato venivano definiti “idiot savant”). E’ lui che ha ispirato il personaggio di Raymond Babbit, il protagonista di Rain Man (1988) che valse un Oscar al suo interprete, Dustin Hoffman. Come l’uomo della pioggia, Kim soffre di autismo, una malattia che compromette soprattutto le capacità sociali e che sembra andare a braccetto con il “savantismo”.
Calendari viventi
Autistici erano anche i gemelli newyorkesi Charles e George, soprannominati i “calendari umani”: erano in grado di dire in quale giorno della settimana cadesse qualsiasi data in un lasso di tempo di ottantamila anni; riuscivano inoltre a ricordare le condizioni meteorologiche di ogni singolo giorno della loro vita. Ma se si chiedeva loro “quanto fa due più due?” restavano zitti, e si guardavano intorno spaesati. E autistico era anche “Blind Tom” Wiggins (1849-1908), un afroamericano cieco e mentalmente ritardato, che suonava però il pianoforte ad altissimi livelli: gli bastava sentire il pezzo una sola volta per riprodurlo alla perfezione; inoltra sapeva improvvisare brani secondo lo “stile” di Beethoven, Bach o Chopin. Il caso ricorda un po’ quello di Leslie Lemke, oggi ultracinquantenne, anch’egli cieco e con gravi menomazioni mentali: all’età di 14 anni, senza aver mai preso una lezione di musica, si avvicinò a un pianoforte e riprodusse un concerto di Tchaikovsky ascoltato in tv la sera prima.
Kim Peek è probabilmente il più noto tra i cosiddetti “savant”, individui che, accanto ad alcune capacità sviluppatissime, hanno in genere abilità mentali inferiori alla norma (e infatti in passato venivano definiti “idiot savant”). E’ lui che ha ispirato il personaggio di Raymond Babbit, il protagonista di Rain Man (1988) che valse un Oscar al suo interprete, Dustin Hoffman. Come l’uomo della pioggia, Kim soffre di autismo, una malattia che compromette soprattutto le capacità sociali e che sembra andare a braccetto con il “savantismo”.
Calendari viventi
Autistici erano anche i gemelli newyorkesi Charles e George, soprannominati i “calendari umani”: erano in grado di dire in quale giorno della settimana cadesse qualsiasi data in un lasso di tempo di ottantamila anni; riuscivano inoltre a ricordare le condizioni meteorologiche di ogni singolo giorno della loro vita. Ma se si chiedeva loro “quanto fa due più due?” restavano zitti, e si guardavano intorno spaesati. E autistico era anche “Blind Tom” Wiggins (1849-1908), un afroamericano cieco e mentalmente ritardato, che suonava però il pianoforte ad altissimi livelli: gli bastava sentire il pezzo una sola volta per riprodurlo alla perfezione; inoltra sapeva improvvisare brani secondo lo “stile” di Beethoven, Bach o Chopin. Il caso ricorda un po’ quello di Leslie Lemke, oggi ultracinquantenne, anch’egli cieco e con gravi menomazioni mentali: all’età di 14 anni, senza aver mai preso una lezione di musica, si avvicinò a un pianoforte e riprodusse un concerto di Tchaikovsky ascoltato in tv la sera prima.
Numeri amabili e giorni blu
Anche il trentenne Daniel Tammet, tra i più noti “savant” viventi, era stato diagnosticato come autistico. Potrebbe essere allora uno dei rari esempi di ottima gestione della malattia, almeno a giudicare dalla disinvoltura con cui risponde alle interviste (una fra tutte, quella al David Letterman Show, rintracciabile su youtube). Certo è che le sue capacità straordinarie sono quelle tipiche dei “savant”: come i gemelli, sa attribuire i giorni della settimana alle date, ed è inoltre in grado di recitare oltre 22.000 decimali del pi greco senza fare errori. In più conosce 10 lingue: oltre alla madrelingua inglese, ha imparato in una settimana l’islandese, considerata una delle lingue più difficili del mondo, oltre che – sempre in tempi record – il finlandese, il francese, il tedesco, il lituano, l’esperanto, lo spagnolo, il rumeno e il gallese. Tammet, a differenza degli altri “savant”, che non sanno spiegare come riescono a ottenere certi risultati, ha provato a raccontare che cosa avviene nella sua testa. “I numeri sono immagini mentali dotati di forme e colori, che mi danno particolari sensazioni” racconta nel libro Born on blue day, Nato in un giorno blu. “Per esempio il 333 è amabile, il 289 è orrendo”. Le sue facoltà mnemoniche e matematiche sembrano quindi condizionate dalla capacità di associare colori ed emozioni a informazioni “fredde” come i numeri. “Come la Monna Lisa e una sinfonia di Mozart, anche il pi greco ha una sua ragione per essere amato” scrive ancora.
Le straordinarie capacità di Tammet sembrano quindi legate a un fenomeno di sinestesia, una rara condizione che comporta la contaminazione dei sensi. Ma nella maggior parte dei casi il savantismo resta inspiegabile. Tanto che, dal momento che nella maggior parte dei casi si associa a un grave ritardo mentale, in passato si pensava che fosse un “dono di Dio”, un potere soprannaturale conferito a persone nate sfortunate.
Il cervello compensa
Oggi le indagini di neuroimaging permettono di fare altre ipotesi. A Kim Peek manca il “corpo calloso”, la regione che pemette ai due emisferi cerebrali di comunicare tra loro: è grazie ai due emisferi indipendenti che riesce a leggere due pagine in contemporanea, un occhio per ciascuna. In generale, alcuni studiosi ritengono che il cervello, se nasce con una menomazione, tende a sviluppare altre capacità. In molti savant si è riscontrato un danno all’emisfero sinistro, la parte legata al ragionamento logico e al linguaggio: questa anomalia potrebbe essere compensata da un potenziamento dell’emisfero destro, più creativo, musicale e dotato dicapacità “spaziali”. Secondo un’altra teoria sarebbe un eccesso di testosterone in circolo durante la vita fetale a limitare lo sviluppo dell’emisfero sinistro, favorendo la migrazione di cellule in quello destro: il che spiegherebbe perché il savantismo (come l’autismo) è 6 volte più frequente nei maschi che nelle femmine. In generale i savant hanno aperto la strada agli studi sulla plasticità cerebrale: c’è chi teorizza che c’è un piccolo savant in ognuno di noi, pronto ad emergere se un’area cerebrale viene compromessa da un incidente o da un ictus.
Un altro modo di apprendere
Ma queste spiegazioni non appaiono soddisfacenti. Anche perché la domanda fondamentale resta una: come possono queste persone sapere cose che non hanno mai imparato? Oppure: come le hanno apprese? Un punto di partenza per tentare una spiegazione è che in almeno la metà dei casi i savant soffrono di autismo. Secondo le ultime ipotesi, alla base di questa condizione ci sarebbe una carenza di neuroni specchio, speciali cellule del cervello che permettono l’apprendimento per imitazione. Chi soffre di autismo non è in grado di “rispecchiarsi” negli altri, non possiede cioè la naturale predisposizione a imitare e a immedesimarsi negli altri. E’ quindi costretto, per stare al mondo, a sviluppare strategie di apprendimento alternative. Non è un caso che le “isole” di intelligenza superiore sembrano concentrarsi in alcuni settori, come la memoria (qualche esempio: c’è chi ricorda l’esatta configurazione dell’intera rete di bus di una città; i testi completi di migliaia di canzoni o intere pagine di elenchi telefonici; gli esatti itinerari percorsi nel corso dei diversi viaggi effettuati, comprese le svolte a destra e a sinistra), ma anche la musica, i calcoli o il “senso del tempo” (alcuni sono orologi viventi: sanno dire in qualsiasi momento l’ora esatta al minuto secondo), tutte capacità che possono essere apprese e potenziate senza dover intaragire con nessuno.
Sindrome da geni
Questo discorso varrebbe soprattutto per la sindrome di Asperger, la forma di autismo in cui vengono compromesse le relazioni sociali ma non le capacità percettive e cognitive. E’ quella di cui soffre Daniel Tammet, ma anche di cui avrebbero sofferto alcuni tra i più grandi geni di tutti i tempi, quali Albert Einstein o Isaac Newton. Gli “Asperger” sono attratti dal ragionamento astratto, come quello matematico, e da tutte le attività che mirano a “ordinare” le cose, come le classificazioni, che hanno su di loro un effetto rassicurante. Al contrario sono disorientati dall’interazione con gli altri esseri umani, i cui messaggi, basati spesso su doppi sensi, giri di parole, espressioni e gesti, risultano loro per lo più incomprensibili. Un esempio: chi soffre di Asperger può osservare un sorriso e non capirne il significato: magari arriva “cognitivamente” a sapere che una contrazione delle rime labiali verso l’alto può corrispondere a una stato d’animo positivo, ma non sarà mai in grado di distinguere un sorriso di gioia, di comprensione, di malizia o di scherno. E’ facile intuire che, con un mondo mentale così diverso, il cervello seguirà un percorso del tutto imprevedibile. Al punto da sviluppare capacità che a noi “normali” possono apparire “paranormali”.
Marta Erba
IL COLPO DI GENIO
Geni si nasce o si diventa? Wolfang Amedeus Mozart e Leonardo da Vinci sono nati “menti superiori” o lo sono diventati nel corso della loro esistenza? Immanuel Kant affermò che il genio è una qualità che non può essere insegnata o trasmessa ma è misteriosamente concessa dalla natura a certe persone e muore con loro. Questa teoria è oggi poco condivisa da chi studia i percorsi che permettono ad alcuni individui di acquisire capacità eccezionali. “A differenza di quanto comunemente creduto, il genio non è un dono speciale elargito magicamente a pochissimi fortunati” sostiene Michael Howe, psicologo della Exeter University, in Gran Bretagna. “I geni arrivano a realizzare le opere o a effettuare le scoperte per cui sono universalmente apprezzati in due fasi piuttosto lunghe, e che in parte si sovrappongano: la prima in cui acquisiscono capacità particolari che dovranno utilizzare, la seconda in cui esprimono la creatività che li porterà alla scoperta o al capolavoro”. L’analisi delle biografie delle persone eccellenti ha permesso a Howe di individuare una serie di caratteristiche comuni: un grande interesse per il proprio lavoro, un impegno costante, un forte senso di indipendenza, una concentrazione feroce, la tolleranza alle frustrazioni e la capacità di sopportare uno sforzo mentale prolungato. Nessuna magia, ma tanta perseveranza. La pratica assidua nell’uso del cervello sembra la chiave: l’organo si allena, tanto da dare l’impressione di un talento naturale e innato.
Anche il colpo di genio è ben diverso da come appare. Il momento intenso e spettacolare dell’ “Eureka!”, che rompe con il passato generando soluzioni nuove, segue sempre a una lunga fase di ricerca e approfondimento che può durare anni o decenni. L’evento scatenante può essere una casualità esterna che stimola l’intuito: la mela di Newton, il bagno in acqua di Archimede, la muffa di Penicillium sulle colture batteriche di Fleming. All’improvviso tutti i pezzi del puzzle si ricompongono rapidamente e la soluzione appare immediatamente di fronte agli occhi. E’ un fenomeno chiamato anche “serendipità”: un fatto imprevedibile che conduce a una scoperta o un’intuizione sensazionale. Ma che non capita a tutti. “Il caso favorisce le menti preparate” diceva Louis Pasteur. L’evento fortuito da solo, senza un impegno costante e una conoscenza approfondita della materia, non porta a nulla.
Geni si nasce o si diventa? Wolfang Amedeus Mozart e Leonardo da Vinci sono nati “menti superiori” o lo sono diventati nel corso della loro esistenza? Immanuel Kant affermò che il genio è una qualità che non può essere insegnata o trasmessa ma è misteriosamente concessa dalla natura a certe persone e muore con loro. Questa teoria è oggi poco condivisa da chi studia i percorsi che permettono ad alcuni individui di acquisire capacità eccezionali. “A differenza di quanto comunemente creduto, il genio non è un dono speciale elargito magicamente a pochissimi fortunati” sostiene Michael Howe, psicologo della Exeter University, in Gran Bretagna. “I geni arrivano a realizzare le opere o a effettuare le scoperte per cui sono universalmente apprezzati in due fasi piuttosto lunghe, e che in parte si sovrappongano: la prima in cui acquisiscono capacità particolari che dovranno utilizzare, la seconda in cui esprimono la creatività che li porterà alla scoperta o al capolavoro”. L’analisi delle biografie delle persone eccellenti ha permesso a Howe di individuare una serie di caratteristiche comuni: un grande interesse per il proprio lavoro, un impegno costante, un forte senso di indipendenza, una concentrazione feroce, la tolleranza alle frustrazioni e la capacità di sopportare uno sforzo mentale prolungato. Nessuna magia, ma tanta perseveranza. La pratica assidua nell’uso del cervello sembra la chiave: l’organo si allena, tanto da dare l’impressione di un talento naturale e innato.
Anche il colpo di genio è ben diverso da come appare. Il momento intenso e spettacolare dell’ “Eureka!”, che rompe con il passato generando soluzioni nuove, segue sempre a una lunga fase di ricerca e approfondimento che può durare anni o decenni. L’evento scatenante può essere una casualità esterna che stimola l’intuito: la mela di Newton, il bagno in acqua di Archimede, la muffa di Penicillium sulle colture batteriche di Fleming. All’improvviso tutti i pezzi del puzzle si ricompongono rapidamente e la soluzione appare immediatamente di fronte agli occhi. E’ un fenomeno chiamato anche “serendipità”: un fatto imprevedibile che conduce a una scoperta o un’intuizione sensazionale. Ma che non capita a tutti. “Il caso favorisce le menti preparate” diceva Louis Pasteur. L’evento fortuito da solo, senza un impegno costante e una conoscenza approfondita della materia, non porta a nulla.
Tratto in parte da FOCUS EXTRA n. 36 – Il mondo del paranormale
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