Le caldaie a condensazione e la norma UNI 11071
di Marco Prada
fonte: 'Tecnoimpianti'
La tecnologia delle caldaie a condensazione è stata proposta al mercato europeo nella seconda metà degli anni novanta e si è poi diffusa progressivamente, fino a raggiungere ai giorni nostri un’interessante quota di mercato. I paesi dove ha avuto maggiore successo, sono quelli del nord Europa come: Germania, Olanda, Francia e Inghilterra. Quest’ultima in testa per numero di caldaie installate, grazie anche a incentivi statali. In Italia, la diffusione delle caldaie a condensazione comincia verso la fine degli anni novanta e prosegue fino ai giorni nostri con volumi di vendita inferiori a quelli europei, ma interessanti per un mercato giovane e in via di sviluppo. Anche in Italia sono state promosse a livello locale, regioni e province, azioni incentivanti per nuove installazioni o sostituzioni di generatori esistenti con macchine ad alta efficienza energetica, tra cui quelle a condensazione.
Il quadro normativo
Perché un prodotto trovi larga diffusione nel mercato, deve produrre effetti utili a vantaggio di operatori e utilizzatori. In particolare, nell’ambito degli impianti termici e a gas, il prodotto deve consentire risparmi economici ed energetici nella gestione d’impianto ed essere accompagnato da un adeguato supporto normativo che ne faciliti l’installazione e l’utilizzo nel rispetto della sicurezza.
La tecnologia a condensazione ha avuto un maggiore sviluppo in questi ultimi anni anche perché, in ambito europeo e nazionale, sono stati realizzati nuovi testi normativi che consentono di facilitare il lavoro a installatori e progettisti. In Italia, nel luglio 2003 è stata emanata la norma UNI 11071 che si occupa di apparecchi a condensazione ed affini installati al servizio di impianti a gas per uso domestico e similari. Oggi in Italia, l’UNI 11071 rappresenta per gli impianti con apparecchi a condensazione di potenza termica nominale inferiore ai 35 kW il corpo normativo più completo.
In ambito nazionale, per completare il quadro normativo di riferimento sull’argomento, è doveroso citare l’esistenza del progetto di norma CIG E.01.08.929.0 per impianti con generatori di potenza maggiore di 35 kW. Questo, superata l’inchiesta pubblica approvata nel novembre 2004 e conclusa nei primi mesi del 2005, è in attesa di diventare norma. L’UNI 11071 si integra con il corpo normativo esistente in materia di camini e canne fumarie, come le norme UNI 9615, UNI 10640, UNI 10641, UNI 10845; e le più recenti norme europee EN 1443 Camini – Requisiti generali (giugno 05), EN 12391-1 Camini - Esecuzione di camini metallici e condotti - Parte 1 - sistema di camini (gennaio 06), EN 13384-1 Camini - Metodi di calcolo termico e fluido dinamico - Parte 1: Camini asserviti ad un solo apparecchio (giugno 04), EN 13384-2 Camini - Metodi di calcolo termico e fluido dinamico - Parte 2: Camini asserviti da più apparecchi da riscaldamento (giugno 04).
La tecnica
La tecnologia applicata alle caldaie a condensazione è una tra le più avanzate oggi disponibili sul mercato. Questa consente di ottenere un migliore rendimento utile rispetto ai generatori tradizionali.
In questi generatori, il risparmio proviene essenzialmente da due condizioni: da una maggiore quantità di calore sensibile recuperato dai prodotti della combustione, in quanto i fumi escono a una temperatura più bassa; dal recupero del calore latente di vaporizzazione, tramite la condensazione del vapore acqueo contenuto nei prodotti della combustione.
Nelle caldaie a condensazione i fumi sono espulsi in atmosfera a temperature di 40 ¸ 50 °C, valori molto inferiori rispetto a quelli di un generatore tradizionale, solitamente tra i 120 ¸ 160 °C.
Tanto più si riesce a fare funzionare un generatore in condensazione, tanto più calore viene restituito al vettore termico dell’impianto. Ne consegue un miglioramento del rendimento e una riduzione dei consumi di combustibile, a vantaggio della gestione d’impianto.
Grazie alle loro peculiarità, i generatori a condensazione hanno un rendimento superiore rispetto ai generatori tradizionali. Normalmente il valore del rendimento di un generatore si calcola facendo riferimento al potere calorifico inferiore. Questo standard permette di confrontare tra loro diversi tipi di generatori. Consideriamo il gas naturale; il potere calorifico rappresenta la quantità di calore prodotta dalla combustione completa a pressione costante di 1 m3 di gas, quando i prodotti della combustione vengono riportati alla temperatura iniziale. In particolare si distinguono due tipi di potere calorifico. Il superiore, Hs, comprende il calore di vaporizzazione del vapor d’acqua contenuto nei fumi. L’inferiore, Hi, si definisce come appena detto, ma con l’esclusione del calore di vaporizzazione del vapor d’acqua che, formatosi durante la combustione, è solitamente evacuato con i fumi attraverso il camino. La distinzione tra i due poteri calorifici è molto importante: l’inferiore rappresenta la massima quantità di calore ottenibile dal metro cubo di gas bruciato con sistemi tradizionali; in questo caso, il vapor d’acqua è evacuato attraverso il camino senza essere condensato e quindi disperso, assieme al calore in esso contenuto. Il superiore comprende anche questa parte di calore, che può essere recuperato del tutto o in parte con la tecnologia della condensazione.
Per semplificare, possiamo affermare che in parte, la quantità di calore recuperabile con la condensazione è funzione della differenza che esiste tra i valori Hs e Hi di un combustibile. Per cui, tanto più grande sarà la differenza tra i poteri calorifici, tanto maggiore sarà la quantità di calore recuperabile. Ad esempio, per il gas metano, il valore teorico recuperabile del calore latente di vaporizzazione è pari all’11%.
Premesso questo, possiamo capire perché il rendimento di una caldaia a condensazione è maggiore del 100%. Se consideriamo che un generatore tradizionale mediamente ha un rendimento del 90%, possiamo affermare che per un generatore a condensazione, fatto 100 il 90%, il valore del rendimento sarà pari a circa il 105¸106%. Questo, perché viene sommatA al rendimento tradizionale una parte di quell’11% recuperabile dal calore latente di vaporizzazione; all’incirca il 5¸6% ottenuto con la condensazione.
Un generatore a condensazione, in genere, è un concentrato di alta tecnologia; oltre allo scambiatore costruito con materiali speciali in grado di resistere all’aggressione chimica delle condense, con sezione ridotta delle tubazioni rispetto ai tradizionali e superfici di scambio più estese per recuperare la maggiore quantità di calore, esistono anche altri accorgimenti tecnologici che concorrono a migliorare la sua efficacia.
Per esempio, tra i più utili troviamo il controllo elettronico della combustione abbinato a un bruciatore tecnologicamente avanzato, costruito con particolari materiali, premiscelato e modulabile; la scelta delle geometrie costruttive della camera di combustione. Questi dispositivi ottimizzano la combustione e consentono anche di abbattere il livello degli inquinanti (NOx) emessi in atmosfera.
Inoltre, il ventilatore consente l’espulsione forzata dei prodotti della combustione aventi basse temperature.
La sonda termometrica esterna, i cronotermostati, i termostati ambiente, sono dispositivi di regolazione che permettono al generatore di adeguare le temperature ambiente in funzione della temperatura esterna migliorando così il rendimento dell’impianto.
Come abbiamo visto, nella tecnica della condensazione viene recuperato il calore latente di vaporizzazione facendo condensare i fumi. Questo si ottiene abbassando la temperatura dei fumi di combustione, sotto il valore della temperatura di rugiada del combustibile utilizzato. Più le temperature di lavoro di un impianto sono basse, rispetto alla temperatura di rugiada del combustibile, più è possibile condensare i fumi e recuperare calore latente di vaporizzazione. La temperatura dei fumi però, non può scendere sotto il valore di temperatura del fluido termovettore di ritorno in caldaia. In queste condizioni i fumi non potrebbero cedere calore al fluido stesso. È per questo motivo che il maggiore vantaggio in termini di risparmio è riscontrabile sugli impianti a pannelli radianti, dove le temperature di lavoro dell’impianto sono basse, mediamente comprese tra i 40/30°C. Se prendiamo, ad esempio, il gas metano e assumiamo il valore convenzionale di 57°C adottato per la tecnica della condensazione, vediamo come le condizioni di funzionamento di un impianto a pannelli radianti sono tra le più favorevoli per questa tecnica.
È opportuno precisare che la temperatura di rugiada di un qualsiasi combustibile è variabile ed è correlata alla percentuale di CO2 prodotta nella combustione. Più è alto il valore della CO2 prodotta, più sarà alto il valore della temperatura di rugiada. Una temperatura di rugiada alta permette di sfruttare meglio la condensazione dei fumi. Conseguentemente, più è alto il valore di CO2, più sarà basso il valore di eccesso d’aria. In genere questa condizione è più difficilmente raggiungibile utilizzando bruciatori atmosferici; ecco perché le caldaie a condensazione sono equipaggiate nella maggior parte dei casi con bruciatori a premiscelazione totale e modulabili, che permettono un controllo costante dell’eccesso d’aria.
In condizioni di combustione stechiometrica, il valore di temperatura di rugiada per il gas metano è di 59 °C con CO2=10,5%; e=11%. Come sappiamo, perché un processo di combustione avvenga correttamente, necessita di un valore e di eccesso d’aria, maggiore rispetto al valore stechiometrico. Per le caldaie a condensazione si assume un eccesso d’aria pari a circa il 25%. Questo valore è correlabile a una temperatura di rugiada di circa 57°C, il valore convenzionalmente condiviso per la tecnica della condensazione.
Per quanto riguarda un altro tra i combustibili più diffusi, il GPL, è difficile definire con esattezza il valore della temperatura di rugiada poiché questo è una miscela di diversi gas. Indicativamente si può considerare una temperatura di rugiada di 49 °C in combustione stechiometrica.
Vediamo ora alcuni esempi di impianti con differenti temperature di progetto per meglio comprendere dove la tecnologia a condensazione può dare i migliori risultati. Negli esempi avremo sempre un generatore a condensazione funzionante a gas metano e collegato a una sonda termometrica esterna. In funzione della variazione della temperatura esterna, la caldaia adeguerà la temperatura di mandata del fluido termovettore all’impianto. È necessario precisare che i valori delle temperature riportati negli esempi, provengono da letteratura; devono pertanto considerarsi indicativi, in quanto soggetti a variazioni dipendenti ad esempio dalle caratteristiche dell’impianto o dalla miscela dei gas impiegati.
- Consideriamo un impianto a pannelli radianti. Le temperature di progetto per l’impianto, mandata e ritorno, sono pari a 40/30°C. Al variare della temperatura esterna, ad esempio per una temperatura pari a -5°C vediamo dal grafico che il generatore ha una temperatura di mandata di circa 34,5 °C; la temperatura di ritorno sarà di circa 27°C. Questa temperatura è inferiore a quella di condensazione del gas metano. I fumi raffreddandosi non potranno scendere sotto la temperatura di mandata, saranno più caldi di 27°C, ma più freddi di 57°C, per cui condenseranno cedendo il proprio calore latente di condensazione all’acqua di mandata dell’impianto.
- Nel caso invece di un impianto ad alte temperature con termosifoni, la temperatura di progetto sarà più elevata. Nei moderni impianti le temperature di progetto sono orientativamente pari a 75/60°C. In questo caso il generatore, in condizioni ottimali, riuscirà a lavorare in condensazione all’incirca per il 90% del suo funzionamento, fintanto che la temperatura esterna sarà nell’ordine dei -12,5°C. Per temperature esterne più basse di -12,5°C, la temperatura di ritorno in caldaia avrà valori superiori alla temperatura di rugiada del gas; il generatore non lavorerà in condensazione.
- Esiste un’altra tipologia di impianto, è l’impianto misto a temperatura differenziata. In questo, alcune zone dell’edificio sono riscaldate a una temperatura maggiore di altre; nelle prime vengono installati termosifoni, nelle seconde pannelli radianti. Questa scelta condiziona il funzionamento della caldaia in termini di temperatura del fluido termovettore, obbligando così il progettista a prevedere superfici di scambio dei radiatori più estese al fine di abbattere la temperatura di ritorno in caldaia a vantaggio della condensazione.
Concludendo, è possibile affermare come indicato anche in letteratura, che il risparmio energetico teoricamente ottenibile tra una caldaia a condensazione e una tradizionale è nell’ordine del 25¸30% in impianti a bassa temperatura (pannelli radianti a pavimento o radiatori di ampia superficie), del 10¸15% per impianti tradizionali (a termosifoni) e del 14¸18% per impianti misti.
I dettagli della UNI 11071
Vediamo ora l’aspetto normativo per i generatori a condensazione. Poiché siamo ancora in attesa della norma per impianti con potenzialità maggiore di 35 kW, ci limiteremo alle considerazioni sulla normativa vigente, riferendoci pertanto alla recente UNI 11071- Impianti a gas per uso domestico asserviti ad apparecchi a condensazione e affini. La norma si occupa dei criteri per la progettazione, l’installazione, la messa in servizio e la manutenzione di impianti domestici e similari che utilizzano gas combustibili, asserviti ad apparecchi a condensazione di portata termica nominale non maggiore di 35 kW. Per la progettazione dell’impianto interno e la ventilazione dei locali, la norma rimanda alle relative UNI 7129 e UNI 7131.
In particolare, il testo dedica molto spazio alla realizzazione del sistema di scarico delle condense, così come ai sistemi per l’evacuazione dei prodotti della combustione. Questi aspetti, trattati in dettaglio e in particolare per i sistemi di scarico dei prodotti della combustione anche con ampi riferimenti normativi, consentono all’UNI 11071 di assumere l’importanza che le compete divenendo così il testo fondamentale per l’installazione di caldaie a condensazione con potenza non maggiore di 35 kW.
- Lo scarico condense
Come noto, gli apparecchi a condensazione durante il loro funzionamento producono condensa. Nell’appendice B.2 della norma vengono indicati i quantitativi massimi dei condensati prodotti da generatori di differente potenza in combustione stechiometrica. La norma si occupa anche di apparecchi definiti affini a quelli a condensazione; questi producono condense nel condotto di evacuazione fumi solo in determinate condizioni di funzionamento dichiarate dal costruttore.
Negli apparecchi a condensazione, la produzione di condensa avviene sia nel generatore, sia nel sistema di scarico fumi, funzionante a umido e asservito all’apparecchio.
Solitamente, il costruttore progetta un sistema di raccolta e smaltimento delle condense per il generatore. Questo stesso dispositivo se dichiarato dal costruttore, può raccogliere anche le acque meteoriche e le condense provenienti dal sistema di scarico dei fumi. È il caso del collegamento del generatore al condotto fumario con curva a 90°.Nel caso in cui il collegamento al sistema scarico fumi avvenga con un raccordo a T, il sistema stesso dovrà avere un sistema di raccolta condense indipendente da quello del generatore.
Il sistema di scarico delle condense, viene progettato dal costruttore sulle caratteristiche dell’apparecchio e su diversi parametri che influenzano la produzione dei condensati. Infatti, la potenzialità dell’apparecchio e le condizioni di funzionamento dell’impianto come: temperature di mandata e ritorno, ore di funzionamento, rendimento dell’apparecchio, eccesso d’aria dei prodotti della combustione producono diverse quantità di condensa. Inoltre, il progettista deve considerare anche la presenza del ventilatore per l’evacuazione dei fumi. Al variare della sua spinta di espulsione o nel caso di ostruzione del camino, questo potrà causare delle variazioni di pressione sul battente del sifone dello scarico condense, con il rischio di svuotamento e ingresso dei fumi di scarico in fogna. Non è un caso che nella norma si richieda l’installazione di due disgiunzioni funzionali sull’intero sistema di scarico delle condense.
La prima è rappresentata dal sifone dell’apparecchio (sifone di caldaia), la seconda in funzione delle diverse condizioni impiantistiche, può essere: il sifone firenze o la fossa Imhoff, solitamente già presenti sulle reti fognarie; in alternativa tra le soluzioni più diffuse, il collegamento del sistema di scarico condense dell’apparecchio al sifone di scarico del lavello, a un bicchierino raccogli condense o a uno sfiato atmosferico esterno.
Questi accorgimenti permettono di evitare due effetti collegati alle variazioni di pressione del sistema fognario. Il primo, causato da una depressione, determina l’effetto siringa che svuota il sifone dell’apparecchio consentendo l’ingresso dei fumi in fogna. Il secondo, per effetto di una pressurizzazione del sistema fognario, sempre in seguito allo svuotamento del sifone, causerebbe l’ingresso dei reflui in caldaia.
Pertanto, mentre il produttore dell’apparecchio dovrà progettare un adeguato sistema di scarico condense, l’installatore dovrà porre attenzione nella realizzazione del sistema realizzato in opera, cioè quello che va dal sistema di raccolta dell’apparecchio e/o condotto scarico fumi fino al collegamento con la rete fognaria.
Nella norma, sempre all’appendice B, salve diverse indicazioni del costruttore, si raccomanda di adottare, nel caso di un singolo apparecchio, una sezione dei condotti dell’impianto, non minore della sezione del tubo di scarico condense dell’apparecchio stesso. Il sistema dovrà garantire: la tenuta ai condensati e ai prodotti della combustione, non facendoli fuoriuscire in ambiente o in fogna; evitare ristagni, congelamenti e avere disgiunzioni ispezionabili. All’installatore è richiesta una verifica della funzionalità del sistema installato e collegato alla rete fognaria. Questa verifica verrà effettuata contemporaneamente alla messa in servizio degli apparecchi d’utilizzazione, come indicato nella UNI 7129, e consisterà nella verifica del corretto collegamento dell’apparecchio al sistema di scarico e alla funzionalità di quest’ultimo. Quando non esistono indicazioni del costruttore, la prova di funzionalità del sistema consiste nel verificare la capacità di scarico in cinque minuti, di un quantitativo minimo di condensati al variare della potenza del generatore, come riportato nel prospetto 1 della norma al punto 5.4. Sempre allo stesso punto, vengono anche date le indicazioni per le operazioni di verifica e manutenzione del sistema di scarico condense.
I condensati prodotti dalla combustione, vengono prevalentemente scaricati in fogna. La norma ricorda il rispetto della legge vigente in materia di scarichi, anche quella locale.
Senza addentrarci nel merito dell’aspetto legislativo, il testo dell’UNI 11071 riporta in appendice B le condizioni che permettono a installatore e progettista, di scegliere le modalità di scarico dei condensati in fogna, legandolo fondamentalmente al loro grado di acidità e alla sua neutralizzazione mediante la miscelazione con i reflui domestici o con l’introduzione di un neutralizzatore sull’impianto. La tabella in distingue le modalità d’installazione in locale ad uso abitativo e uso ufficio.
- I materiali
I condensati prodotti da un apparecchio a condensazione o affine hanno un forte grado di acidità, mediamente il valore di PH per impianti a gas è compreso tra 3,5 e 4,5. Questo obbliga progettisti e installatori a scegliere materiali in grado di resistere alla corrosione dei condensati.
I più idonei per gli impianti di raccolta e scarico condense sono i materiali plastici quali PVC, HPE e ABS. Questi sono in grado di resistere all’aggressione delle condense per tutta la vita dell’impianto.
Materiali come il cemento e prodotti similari, invece, sono più aggredibili dalle condense acide, ma date le caratteristiche costruttive - ad esempio i notevoli spessori - questi componenti d’impianto, riescono a garantire una vita media tra i 50÷120 anni. La loro durabilità è favorita dalla riduzione dell’acidità dei condensati dovuta alla miscelazione con i reflui domestici.
- I sistemi fumari
Per quanto riguarda i sistemi fumari, i contenuti della norma sono molto ricchi di dettagli in merito, grazie anche alle recenti novità normative.
I sistemi fumari asserviti agli apparecchi a condensazione e affini sono sistemi ad umido. Pertanto devono possedere caratteristiche idonee, dichiarate dal costruttore del sistema stesso, in alternativa garantite dal costruttore dell’apparecchio che fornisce anche la fumisteria omologata.
Nella norma, vengono riportati al punto 7.2 i requisiti generali che devono possedere i sistemi di evacuazione dei prodotti della combustione. L’UNI EN 1443 Camini – Caratteristiche generali, definisce le prestazioni e i valori limite richiesti a camini e canne fumarie.
I condotti fumari possono operare in pressione o in depressione. Nella maggior parte dei casi, i condotti fumari delle caldaie a condensazione funzionano in pressione e ad umido. Nella norma, all’appendice C, viene riportata una tabella dove sono definite le caratteristiche dei sistemi fumari in funzione alla collocazione, pressione di esercizio e valore della perdita ammessa. Le condizioni più restrittive si riferiscono ai valori massimi di perdita ammessa per i sistemi posti parzialmente o integralmente entro vani tecnici dell’edificio.
I condotti fumari devono resistere all’aggressione delle condense; la norma richiede che il materiale dei componenti del sistema fumario sia di classe W1 secondo la designazione dell’UNI EN 1443. La sigla W indica l’attitudine del camino al funzionamento ad umido. Il numero 1, identifica la classe di resistenza alla corrosione per i condensati dei combustibili gassosi. Il prodotto camino, per essere commercializzato, deve essere marcato CE; le modalità di marcatura devono seguire le disposizioni delle norme di prodotto dei singoli componenti. Queste norme impongono specifiche prove e riportano le relative modalità di marcatura. Se consideriamo ad esempio i camini metallici, questi seguiranno le disposizioni della EN 1856 Camini - Requisiti per camini metallici.
La norma si divide in due parti, la prima per il sistema camino, la seconda per i condotti fumari e i tubi di collegamento. La EN 1856-1 definisce con V1,V2,V3 e Vm il superamento di differenti test di corrosione. Per avere una comparazione tra i due metodi di designazione per la resistenza alla corrosione definiti nelle due norme, si può vedere la tabella in. Nelle celle colorate in giallo, si evidenziano le classi di corrispondenze tra le due designazioni per i componenti del sistema fumi utilizzabili con caldaie a condensazione.
L’UNI EN 1443 richiede la classe di temperatura del sistema fumario. Nel caso delle caldaie a condensazione i valori delle temperature dei fumi di combustione sono sempre molto contenuti, pertanto la classe di resistenza alla temperatura sarà prevalentemente la T80. Il camino avrà le caratteristiche per resistere a una temperatura di 80°C. Un’altra caratteristica richiesta ai camini, associata alle temperature, è la resistenza al fuoco di fuliggine. Nel caso degli apparecchi a gas, la designazione sarà lo 0 poiché non esiste produzione di fuliggine. Il camino metallico dovrà possedere una targa identificativa, prevista dalla EN 1856-1, contenente tutte le caratteristiche richieste dalla UNI EN 1443; in parte questa targa deve essere compilata dall’installatore che ha scelto il camino.
I sistemi di scarico fumi funzionanti ad umido, corrono il rischio del congelamento delle condense, la norma raccomanda di evitare la formazione di ghiaccio durante il funzionamento. Pertanto richiede la verifica della temperatura della parete interna dei condotti d’evacuazione dei fumi. Questa deve essere in ogni punto del sistema, lungo tutta la sua lunghezza non minore di 0°C. Ciò significa che, ai sensi dell’UNI 10641, la verifica della temperatura verrà fatta confrontando la temperatura dei fumi con la temperatura di congelamento della condensa e non con la temperatura di rugiada.
Nella norma vengono date indicazioni per le caratteristiche dei canali da fumo e dei condotti di evacuazione dei prodotti della combustione. Il canale da fumo non è parte integrante dell’apparecchio, mentre il condotto di evacuazione è fornito dal costruttore dell’apparecchio come parte integrante. I punti più importanti da rispettare, per questi componenti del sistema fumario, sono la capacita di resistere nel tempo alle sollecitazioni meccaniche, al calore e all’aggressione dei condensati. I materiali utilizzati per garantire la tenuta devono resistere a fumi e condensati. Devono essere visibili e ispezionabili. Inoltre, solo per apparecchi di tipo B a tiraggio forzato e C, se il costruttore lo prevede, è possibile installare il condotto/canale da fumo, con pendenza in direzione camino/canna fumaria/condotto per intubamento posto a valle, purché sia dotato di collegamento all’impianto scarico condense. Per le condizioni d’installazione e dimensionamento del canale da fumo, la norma rimanda all’UNI 7129. Se non esistono condizioni d’installazione prescritte dal produttore, la norma definisce la distanza minima da materiali combustibili.
Al punto 7.4 dove vengono indicate le caratteristiche dei camini in merito alla sezione interna con riferimento all’UNI 10640, è vietato installare mezzi ausiliari di aspirazione. Per i camini operanti in pressione positiva vengono ripresi i concetti dell’UNI 7129 in termini di modalità di installazione. I cambi di direzione sono trattati in funzione della pressione di funzionamento dei camini. Richiede la presenza di camera di base ed aperture d’ispezione. La camera di base è d’obbligo quando il camino ha scarico verticale e non possiede il comignolo o se richiesta dal costruttore dell’apparecchio.
Per il comignolo, oltre ai concetti dell’UNI 7129 per installazione e al rispetto delle quote di sbocco, la norma prescrive che le modalità costruttive consentano di evitare il congelamento delle condense e la fuoriuscita all’esterno del sistema.
In merito alle canne fumarie, collettive e ramificate, la norma precisa che devono essere dotate di sistemi di raccolta condensa, in particolare le CCR devono avere il dispositivo di raccolta anche sui secondari; inoltre, mette in evidenza la necessità del progetto e la certificazione delle stesse da parte delle ditte costruttrici o di tecnici qualificati.
Molto più spazio viene dedicato ai sistemi intubati, sia per la facilità d’installazione, sia per le soluzioni impiantistiche offerte da questa tecnica. L’intubamento di camini/canne fumarie/cavedi può essere realizzato con componenti in materiale plastico o metallico. La norma richiede la stesura di un progetto per la realizzazione di sistemi multipli o collettivi; richiede invece una relazione tecnica per l’installazione di singolo apparecchio con portata termica inferiore a 35 kW e posto al di fuori di sistemi multipli o collettivi. Nel testo sono trattati sia i sistemi intubati funzionanti in pressione negativa, sia quelli in positiva. Sostanzialmente vengono ripresi i concetti contenuti nell’UNI 10845. Il sistema intubato deve essere ispezionabile, protetto dalla penetrazione degli agenti atmosferici; i suoi componenti devono resistere a sollecitazione termiche, meccaniche e chimiche nel tempo, consentire le dilatazioni, evitare il ristagno di condense.
In particolare, al punto 7.6.1, quando si prevede la realizzazione di un’intercapedine per l’adduzione dell’aria comburente tra il condotto d’evacuazione dei fumi d il camino/canna fumaria/cavedio, la norma prescrive che deve essere aperta alla sommità, ispezionabile e adeguatamente dimensionata. Quando non è previsto il progetto, la sua sezione deve essere almeno pari al 150% della sezione interna del condotto d’evacuazione fumi. Il progetto può definire dimensioni differenti.
Vengono date prescrizioni aggiuntive per i condotti funzionanti in pressione positiva.
Quando l’intercapedine non viene usata per addurre aria comburente, la norma richiede un’apertura aggiuntiva alla base, con sezione netta non minore di quella della sezione di ventilazione stessa.
Qualora l’intercapedine venga usata per addurre aria comburente, non è richiesta l’apertura alla base del condotto.
Per i sistemi in depressione, la norma consente al massimo due cambi di direzione e con una angolazione inferiore uguale ai 30°.
Per i sistemi intubati posti all’esterno degli edifici non necessita l’intercapedine di ventilazione.
I componenti di un sistema intubato devono essere garantiti dal costruttore; in particolare, deve essere garantito il mantenimento nel tempo delle caratteristiche di tenuta, resistenza meccanica, termica e l’azione dei prodotti della combustione e loro condense.
Per chiudere l’argomento sui sistemi intubati, la norma riporta alcune indicazioni riguardo ai requisiti dimensionali richiesti per condotti in pressione positiva e prospetta alcuni esempi di intubamento in condotti con sezione circolare, quadrata e per sistemi multipli. Per questi ultimi sono richiesti requisiti specifici. Nella norma è posta l’attenzione sulle modalità di scarico con terminali diretti a tetto o in facciata.
La sostituzione del generatore
Vediamo ora vantaggi e svantaggi tra impianto nuovo e impianto esistente dove si vuole sostituire il generatore con uno a condensazione.
Per gli impianti realizzati nelle nuove edificazioni, già progettati per installare generatori a condensazione, si otterranno risultati ottimali. Questi impianti, avranno dei costi supplementari rispetto ai tradizionali, ma verranno ammortizzati durante l’utilizzo e si tradurranno in risparmio nella gestione d’impianto.
Negli impianti esistenti, per installare un generatore a condensazione, è necessario fare alcune valutazioni preventive per valutare la fattibilità dell’operazione; inoltre, devono essere adottati alcuni accorgimenti per garantire il migliore rendimento dell’impianto e assicurare il risparmio all’utilizzatore.
Per adeguare l’impianto, il professionista dovrà verificare, la compatibilità del camino a ricevere i condensati dei prodotti della combustione. Spesso i camini/canne fumarie esistenti non sono compatibili per il funzionamento ad umido. Prevedere un intubamento del sistema, nella maggior parte dei casi, può essere la soluzione più sicura e meno dispendiosa per l’adeguamento dello stesso.
Quando la sostituzione avviene in unità abitativa indipendente, ad esempio una villetta, non vi saranno particolari difficoltà nell’intubamento dello scarico dei fumi; diversa sarà la situazione quando si deve sostituire il generatore nell’appartamento di un edificio multipiano. Le soluzioni esistono, anche se potrebbero richiedere un maggiore impegno tecnico ed economico. È importante ricordare che spesso negli edifici multipiano con impianti datati, sono installate caldaie a camera aperta collegate a canne collettive ramificate. Il tecnico dovrà valutare attentamente quale soluzione adottare. Le possibilità potrebbero essere ad esempio, la realizzazione di una nuova canna fumaria esterna all’edificio, oppure lo scarico a parete quando le condizioni impiantistiche, i regolamenti vigenti e le regole condominiali lo consentano.
In un impianto esistente, si dovrà predisporre il sistema di scarico delle condense e verificare la compatibilità dei materiali degli scarichi domestici per ricevere i condensati provenienti dal generatore. Se il materiale con cui sono stati realizzati non risultasse idoneo, si potrà sopperire installando un neutralizzatore di condense prima dell’ingresso nel sistema di scarico domestico dei reflui.
Installato lo scarico condense, bisogna realizzare la seconda disgiunzione funzionale. Nella norma sono riportate diverse soluzioni impiantistiche, che facilitano l’installazione all’interno delle unità abitative.
Una nota di attenzione sarà rivolta alla qualità dei condotti fognari che, come abbiamo visto, in genere sono comunque adeguati a ricevere i condensati.
Completando la valutazione sull’impianto esistente, il tecnico dovrà pensare a un controllo della temperatura ambiente più evoluto del tradizionale termostato ambiente on/off. Si dovranno installare una sonda esterna e un cronotermostato ambiente, programmabile su due livelli di temperatura e sulle diverse esigenze giornaliere/settimanali. Questi dispositivi consentono di ottimizzare la resa dell’impianto.
In ultima analisi, si renderà necessaria una verifica della pulizia dell’impianto esistente e il suo condizionamento. Questa è un’esigenza specifica dei generatori a condensazione; infatti, viene richiesta anche per impianti nuovi.
La pulizia dell’impianto da incrostazioni, depositi calcarei o fanghi che si possono formare in anni di funzionamento, è indispensabile per mantenere sempre invariate le prestazioni del generatore.
La tecnica fornisce i metodi e i materiali adeguati per provvedere alla pulizia degli impianti nuovi e in esercizio, senza arrecare danni alla loro struttura.
Come abbiamo visto, installare un generatore a condensazione in un impianto esistente, implica di affrontare dei costi per il suo adeguamento. Ma questo non deve spaventare; infatti, con una corretta analisi per le operazioni di adeguamento, piccoli accorgimenti e una corretta taratura, l’utilizzatore avrà comunque dei benefici molto prossimi a quello di un impianto nato per la condensazione e sicuramente maggiori rispetto a un impianto tradizionale.
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